Qual è il costo reale di un mutuo?
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Il costo reale di un mutuo non dipende solo dal suo tasso di interesse e dal numero di anni per cui vale il prestito. Dipende anche da una serie di altri esborsi che possono essere richiesti dalla banca.
In particolare – il costo reale di un mutuo dipende da:
– Le spese di istruttoria;
– Le spese di perizia;
– Le spese periodiche di incasso della rata e delle spedizioni postali delle distinte di pagamento;
– Le eventuali spese per polizze assicurative;
– Le spese previste per l’estinzione del mutuo e la cancellazione d’ipoteca;
– Infine, le eventuali penali per estinzione anticipata.
Tutta questa serie di spese in più può far lievitare di molto il costo reale: tanto da rendere più conveniente un mutuo che solo apparentemente è più costoso, rispetto a un altro che parrebbe meno caro.
Istruttoria, perizia, spese di incasso e altri costi
L’istruttoria è l’analisi del reddito e delle spese mensili del nucleo familiare o dell’azienda, condotta dalla banca, per stabilire la capacità di rimborso. La maggior parte delle banche la fa pagare, a costo fisso o più spesso rapportato percentualmente all’ammontare del mutuo, ma con dei tetti massimi.
La perizia è la valutazione del valore dell’immobile che si dà in garanzia ipotecaria, fatta da un tecnico specializzato. Abbastanza spesso è concessa gratuitamente, soprattutto per prestiti di somme non altissime.
Le spese di incasso e di spedizione della corrispondenza talora non si pagano, talaltra sono conteggiate a forfait (si paga una cifra una volta per tutte), altre volte addebitate via via che si presentano.
I costi fiscali. Non dipendono dalla banca, ma dalle norme fiscali. Per un mutuo acceso per l’acquisto della prima casa sono pari allo 0,25% del suo importo. Se ne deduce che, per ottenere per esempio 100.000 euro di prestito tondi tondi, occorre richiederne 100.251 euro. I costi fiscali di un mutuo per comprare qualsiasi altro immobile (o per ristrutturare la prima casa stessa) sono, invece, da agosto 2004, cresciuti ben otto volte, passando dallo 0,25% al 2%. Infatti, per ottenere 100.000 euro, bisogna farsene prestare 102.041. Ovviamente sui 2 mila e rotti euro in più occorrerà pagare anche gli interessi alla banca.
Costi notarili. Dipendono dagli onorari notarili. Questi ultimi variano, più di quel che si potrebbe immaginare, da professionista a professionista. E’ sempre chi sottoscrive il mutuo che ha la facoltà di scegliersi il notaio.
Polizze assicurative obbligatorie e integrative
I mutui prevedono quasi sempre una polizza contro gli incendi e gli scoppi, a garanzia della banca, ma pagata dal cliente. Talora è integrata da una contro gli eventi atmosferici o le calamità naturali. Le condizioni della polizza sono in genere imposte dalla banca e più raramente si chiede al cliente di stipularla lui (ma allora può costare ancor di più).
A scelta, il cliente può stipulare anche un’utile polizza sulla vita “in caso morte”. Essa conviene soprattutto se chi firma il mutuo è l’unico sostegno economico della famiglia: in caso di sua morte, anche per un incidente, i familiari o gli eredi possono trovarsi senza il denaro necessario per pagare le rate e vedersi “espropriare” la casa. La polizza in caso morte è molto poco diffusa e non imposta dalla banca.
Esistono infine mutui legati a polizze vita tradizionali. In buona sostanza si tratta di contratti che prevedono che l’assicurato, se è ancora in vita alla scadenza della polizza, riscuota una certa somma o una certa rendita. La convenienza a sottoscriverle o meno dipende dal tipo di polizza, dai costi, eccetera. Si tratta di un investimento come un altro.
Il Taeg (tasso annuo effettivo globale)
Esprime quasi esattamente il costo effettivo di un mutuo, sotto forma di percentuale annuale. Infatti comprende, oltre il tasso di interesse, anche quasi tutte le spese (istruttoria, l’avviso di pagamento mensile e l’incasso della rata) e tiene conto dell’esistenza o meno di un tasso di ingresso. Sono però escluse le spese di perizia, quelle per le polizze obbligatorie oltre le spese non imputabili alla banca (notaio e spese fiscali).
Il Taeg (come spiegato sul dizionario di economia e finanza della Treccani) è il vero strumento per confrontare mutui erogati da istituti bancari diversi e vedere qual è il più conveniente. Per i mutui a tasso fisso ha un valore assoluto, perché, l’interesse resterà sempre, per tutta la durata del mutuo, quello deciso alla firma del contratto. Per i mutui a tasso variabile o misto, è invece solo possibile conoscere qual è il Taeg della prima rata, alla data della sottoscrizione del mutuo. Con il mutuare dell’importo degli interessi nel tempo, cambierà anche il Taeg.
Quindi, in caso di tasso variabile, conoscere il Taeg è inutile? No, perché resta possibile, anche così, paragonare tra loro due diversi mutui a tasso variabile, per capire qual è il migliore.
Le banche non sono costrette a comunicare ai clienti il Taeg, neanche se essi lo chiedono (l’obbligo esiste solo per i prestiti personali, non garantiti da ipoteca). Però, a settembre 2002 è partita un’iniziativa europea: se una banca vi aderisce, è obbligata a dire qual è il Taeg, che viene calcolato secondo il metodo messo a punto dall’Unione Europea stessa.
Come valutare se si riuscirà a pagare?
Ce la farò o no, a pagare le rate del mutuo? Questa è la domanda chiave che deve porsi ogni persona di buon senso. C’è da evitare non solo il caso estremo, quello del sequestro dell’immobile per insolvenza, ma anche le pena di essere costretti a pesanti sacrifici pur di pagare le rate, tagliando drasticamente gli acquisti alimentari o le serate al cinema.
Si può ricorrere a due criteri: la cosiddetta “regola italiana” e quella, più rigorosa, messa a punto dagli statunitensi.
- La prima è conosciuta. Qualsiasi impiegato di banca conosce la cosiddetta “regola del tre”: la rata da pagare deve essere al massimo un terzo del reddito (mensile, trimestrale, semestrale o annuo) del suo cliente.
- La seconda è la regola americana, un po’ più complicata. E’ detta “28-36 qualifying ratio”. La prima condizione é che tutte le somme da pagare per la casa (mutuo, ma in Italia anche Ici, Irpef, costi condominiali, tassa dell’immondizia, eccetera) non superino il 28% del reddito familiare disponibile nel periodo. La seconda è che la somma degli oneri immobiliari con il totale dei rimborsi periodici dovuti per altri debiti (prestiti personali, aziendali, assicurazioni sulla vita, eccetera) non superi il 36% del reddito stesso.
Cancellazioni e estinzioni di ipoteca e portabilità dei mutui
ll decreto legge n. 7/2007 (poi convertito nella legge n. 40/2007), ha portato tre grosse novità nei rapporti banche-consumatori, per quanto attiene ai mutui, negli articoli 6-7 e 8. Esse sono:
1) la cancellazione di ipoteca senza costi;
2) l’estinzione anticipata senza penali (o con penali ridotte);
3) la portabilità del mutuo, cioè la possibilità di trasferirlo a un’altra banca che applica migliori condizioni.
Vediamo in sintesi di cosa si tratta:
Cancellazione di ipoteca
Fino a poco tempo fa, anche se tutte le rate di un precedente mutuo erano state pagate, l’ipoteca restava in vita se nessuno si preoccupava di cancellarla. La cancellazione prevedeva comunque l’intervento di un notaio con il pagamento del relativo onorario. Ora, per fortuna, le cose sono cambiate. Se la data dell’estinzione del mutuo è successiva al 3 aprile 2007, la banca o la finanziaria che hanno concesso il prestito devono rilasciare al mutuatario quietanza che attesti l’estinzione del debito e, entro 30 giorni, deve trasmettere alla Conservatoria competente comunicazione dell’avvenuto rilascio della quietanza stessa.
Se il mutuo, invece, si è estinto prima, chi ha chiesto il prestito ha l’onere di inviare raccomandata con avviso di ricevimento alla banca stessa, in cui chiede il rilascio della quietanza: a questo punto sarà a posto. Attenzione però: vi sono casi particolari in cui questo procedimento può essere impossibile e bisognerà ricorrere alla vecchia cancellazione fatta dal notaio (per esempio, ipoteche iscritte a garanzia di mutui quando l’obbligazione di pagamento delle rate sia stata incorporata in cambiali rilasciate dal mutuatario).
Estinzione anticipata
“Chiudere” il vecchio mutuo, rimborsando anticipatamente la banca, è una scelta che si può imboccare per due motivi: il primo è quando si dispone di nuove entrate in famiglia e non si vuole continuare ad essere debitori, la seconda è quando si vende casa e l’acquirente pretende di avere un immobile privo di ipoteche (anche se, magari, stipula un nuovo mutuo con un’altra banca per l’acquisto).
Fino a ieri tutte le banche prevedevano il pagamento di una penale per l’estinzione o comunque per il rimborso parziale. Per i mutui conclusi a partire dal 2 febbraio 2007 le relative clausole sono nulle e quindi nessuna penale è dovuta. Per quelli conclusi prima vale un accordo tra Associazioni dei Consumatori e Abi (Associazione bancaria italiana), in data 2 maggio 2007, che fissa l’ammontare delle penali massime richiedibili a seconda del tipo di mutuo e a seconda di quanto tempo deve passare perché si finiscano di pagare la rate.
Portabilità del mutuo
Consiste nella sostituzione del vecchio finanziamento con uno nuovo, che si sfrutta quando una banca (o un altro intermediario) offre condizioni migliori di quelle previste dal mutuo già acceso. In sostanza il diritto di ipoteca che grava sull’immobile viene “traslocato” all’altra banca e il prestito è regolato da nuove regole.
Tecnicamente è detta “surrogazione” e non è una novità giuridica: peccato che dal punto di vista pratico fino a ieri le banche si rifiutassero di accettarla e i loro clienti raramente la richiedevano, anche per i costi fiscali della pratica. In sostanza denaro preso a prestito dalla nuova banca viene utilizzato per saldare il debito del precedente contratto di mutuo.
Resta necessario prima accendere un nuovo mutuo e sostituire la nuova banca alla vecchia (con l’atto di surrogazione, stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata). Così il nuovo istituto di credito subentra nell’ipoteca (e nelle altre garanzie accessorie, personali e reali).
Una mano a chi è in crisi
Due misure, assai simili ma non coincidenti, sono state varate tra fine 2007 e maggio 2008 a favore di chi fatica e non riesce a pagare la rata del mutuo.
Accordo Abi-Ministero
Iniziamo a parlare della più recente, che pare la più concretamente applicabile: una convenzione tra l’Abi (l’associazione delle banche italiane) e il Ministero dell’Economia.
Con essa si tenta di fronteggiare l’incremento dei tassi sui mutui ad interesse variabile che ha portato molte famiglie a faticare a pagare le rate (in genere mensili). In sostanza, l’idea è quella di sfruttare uno strumento finanziario già esistente, il mutuo variabile a rata costante. La singola rata viene abbassata ai livelli del 2006, e la durata del mutuo si allunga, senza che si possa prevedere con certezza quando si finirà di pagare.
Qui bisogna subito dare un’avvertenza: i titoli di molti giornali e molte notizie televisive hanno dato informazioni davvero fuorvianti a proposito. Si è parlato di risparmio per le famiglie italiane (facendo cifre mirabolanti), e di trasformazione dei mutui a tasso variabili in mutui a tasso fisso.
Così, assolutamente, non è. Innanzitutto perché il risparmio c’è sul breve periodo (rate più basse), ma sul lungo è assai probabile che si finisca di pagare le banche molto di più, in termini di interessi. Il che è perfettamente logico: le banche non sono istituzioni di beneficenza e da che mondo è mondo i mutui che durano di più costano anche di più. In secondo luogo perché il nuovo mutuo è a rata fissa, ma tecnicamente non “a tasso fisso”.
I prestiti a tasso fisso, infatti,:non sono influenzati dalla variazione degli interessi e dall’inflazione, mente in questo caso tale variazione conta, eccome. Infatti contribuisce modificare il periodo in cui il mutuo resta in vita.
Meccanismi
L’importo della rata viene abbassato a quello vigente e l’interesse rivisto e posto pari a quello di un certo parametro, detto IRS a dieci anni, vigente al momento della rinegoziazione e maggiorato di dello 0,5%.
Abbiamo detto che la durata del mutuo si allunga: di quanto? Impossibile dirlo, perché ciò dipende dall’andamento dei tassi di interesse, dalla durata del mutuo attuale, eccetera. Il Sole 24 ore ha valutato una variazione da un minimo di 3 mesi (mutuo a 10 anni con andamento prevedibile dei tassi di mercato) a un massimo di 52 mesi, cioè 4 anni e 4 mesi (mutuo a 20 anni con livello invariato dei tassi futuri). Ma sono semplici simulazioni: non è impossibile che si allunghi anche più.
Sempre Il Sole 24 ore ha valutato un incremento dei costi del mutuo per il cliente da un minimo del 2% (durate di poco dilazionate) a un massimo del 17%. Il tutto a patto che il mutuo sia al massimo ventennale (se si parte da uno di 25 anni di durata, bisognerebbe rifare i conti).
Attenzione: niente vieta alle banche di praticare condizioni migliori di quelle previste dall’accordo Abi-Ministero, o meglio, ai loro clienti di contrattare per ottenerle (se ci riescono).
Varie incertezze permangono. Per esempio: occorrerà passare dal notaio e pagarlo per allungare la durata dell’iscrizione ipotecaria?
Pro e contro
Conviene sfruttare l’accordo Abi-Ministero? La risposta è semplicissima: solo se si è costretti e non si può fare altrimenti, perché è materialmente impossibile farcela a pagare rate troppo alte e si rischia che l’immobile acquistato venga messo all’asta giudiziaria. Grossomodo questo tipo di rinegoziazione corrisponde al fatto di contrarre un nuovo mutuo per pagarne un altro.
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