Comprare casa: le cose che dovresti (assolutamente) sapere prima
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Se si dovesse credere alle apparenze, trovare casa dovrebbe essere molto semplice: basta guardare i cartelli per strada, leggere i giornali specializzati, e, da qualche tempo, navigare un po’ sul Web per trovare migliaia di offerte. L’unico problema, semmai, dovrebbe essere l’imbarazzo della scelta.
La realtà dimostra che le cose possono andare molto diversamente: la ricerca spesso diventa un estenuante tour de force, che non di rado si conclude stipulando due compromessi. Il primo con il venditore. Il secondo, con le aspirazioni che si avevano all’inizio della ricerca.
Per limitare le perdite di tempo e lo stress da ricerca bisogna innanzitutto chiarirsi che cosa si vuole, quanto si può effettivamente spendere (capendo prima di ogni altra cosa se si può acquistare in contanti o no), come e dove cercare.
Poi bisognerebbe conoscere qualche trucco del mestiere: di norma si compra casa uno o due volte nella vita, ma non c’è bisogno di grande studio per mettere in atto le precauzioni che permettono di valutare la congruità di un prezzo e la validità di un’offerta.
Le transazioni immobiliari presentano, nell’iter che porta dall’avvio della trattativa al rogito, qualche insidia: possono essere problemi dell’immobile stesso (irregolarità urbanistiche, ipoteche) o del venditore. Per questo è necessario, prima di avviare una trattativa, avere gli elementi che permettano di “pesare” sia la casa sia chi la offre.
Infine, una volta condotta a termine la trattativa, si devono fare i conti con il Fisco che vuole il suo e anche qui un po’ di accortezza è indispensabile: se c’è il modo per ottenere le agevolazioni prima casa non bisogna farsi scappare l’occasione.
Comprare casa: quali sono i primi passi da fare?
Un vecchio proverbio dice che chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane. Una frase che si può applicare anche alla ricerca della casa: succede spesso, infatti, che, pur avendo una buona disponibilità economica, non si riesca a trovare subito quel che si vuole, e, ancora più di frequente, si verifica che si sta cercando qualcosa per cui non si hanno risorse a sufficienza.
Per limitare perdite di tempo e la frustrazione che inevitabilmente fa seguito a una ricerca rivelatasi poco fruttuosa, bisognerebbe prima di tutto rispondere a tre domande:
1. Che tipo di casa desidero, compatibilmente con il mio budget?
2. Quanto posso veramente spendere?
3. Come e dove debbo cercare?
L’ordine degli interrogativi è strettamente cronologico; per importanza, infatti, le tre domande vanno messe tutte allo stesso piano, nel senso che se non si hanno le idee chiare anche su una sola questione la ricerca parte con il piede sbagliato.
Sapere quanto si può spendere significa da una parte valutare correttamente reddito, patrimonio, capacità di risparmio attuali e future, dall’altra vuol dire anche calcolare che al prezzo della casa bisogna aggiungere un surplus variabile tra il 10 e il 20%, legato ai costi fiscali, di intermediazione, di notaio e di trasloco.
La valutazione dei propri desideri significa capire a priori quali caratteristiche sono giudicate assolutamente irrinunciabili e su quali invece si può transigere.
Infine, per elaborare una strategia di ricerca vincente bisogna valutare dove e come cercare, stabilendo in quali casi è opportuno rispondere a un’offerta e in quali invece si può scartare a priori la proposta.
Si tratta di un’operazione assai delicata, perché se si prevede di utilizzare, come quasi sempre capita, il denaro ricavato dalla vendita per comprare, occorre coordinare con curale due operazioni, per non avere effetti indesiderabili (il rischio di aver venduto senza trovarsi una casa dove abitare, la possibilità di perdere le agevolazioni fiscali concesse per l’acquisto della prima casa, e così via).
Le cose da fare
· Farsi un’idea delle misure reali della casa che si vorrebbe acquistare;
· Vedere la zona in cui è situato l’appartamento in orari diversi rispetto a quelli in cui lo si è visitato;
· Controllare come vengono tenute le parti comuni degli edifici;
· Chiedere conto della situazione condominiale;
· Informarsi sulla serietà di chi vende e di chi intermedia la vendita.
Le cose da non fare
· Spendere soldi per annunci di ricerca;
· Accettare notizie vaghe sulla situazione ipotecaria e catastale dell’immobile;
· Prendere per buoni i valori medi dei borsini immobiliari senza capire come si possono adattare al caso concreto;
· Dare anticipi per una casa in costruzione per cui non c’è ancora la concessione edilizia;
· Dare cambiali al costruttore.
Nelle nostre leggi, quando si deve indicare un criterio di comportamento economico, si parla spesso della “diligenza del padre di famiglia”. La prima regola del buon padre che vuole amministrare i beni dei suoi cari è non fare mai il passo più lungo della gamba. E’ un criterio che deve valere più che mai quando si progetta l’acquisto di una casa.
Il primo aspetto da valutare è il proprio patrimonio. La cosa è semplice se si dispone di congrui risparmi e non si ha bisogno di vendere un altro immobile per comprare. In questo caso si decide quanta parte del proprio portafoglio vada lasciato in beni più liquidi (azioni, fondi, obbligazioni ecc) e il calcolo è bell’e fatto.
Nell’esperienza quotidiana, però, si riscontra che un’ipotesi come questa avviene raramente. Nella stragrande maggioranza dei casi chi compra una casa in cui andare ad abitare o lo fa per migliorare la propria situazione (appartamento più grande, più prestigioso, meglio ubicato ecc) o per necessità (giovani che stanno dando vita a un nuovo nucleo familiare, famiglia sfrattata dall’alloggio in affitto). Nel primo caso di norma la somma necessaria per poter comperare la casa nuova si ottiene grazie al contributo decisivo della vendita della casa vecchia; nella seconda ipotesi quasi sempre per comperare è necessario accendere un mutuo.
Se si compra dovendo prima cedere il vecchio alloggio la priorità assoluta è mettere in budget la cifra che si potrà ricavare dalla vendita della casa in cui si abita, effettuando una stima estremamente prudenziale. Se invece si sa già a priori che bisognerà ricorrere a un mutuo, il calcolo andrà fatto sul reddito attuale, partendo dal presupposto che una banca di norma non stipula mai mutui che comportino per il debitore il pagamento di una rata superiore al 25-30% del reddito accertabile. Questo, indipendentemente dal valore dell’immobile dato in garanzia.
Infine, non bisogna dimenticare che i propri conti vanno fatti sulla spesa effettiva e non sul prezzo a cui si comprerà la casa. Al prezzo di acquisto, infatti, vanno sommate altre quattro voci, due inevitabili, il notaio e le imposte, due eventuali, l’intermediazione e il trasloco.
Le imposte
Variano da un minimo del 3% sul valore dichiarato al rogito, più 336 euro se l’abitazione viene comprata da un privato, e si ha diritto alle agevolazioni fino a un massimo del 10% sul valore dichiarato, più 504 euro se si compra da un’impresa e non si ha diritto alle agevolazioni. A parte vi sono alcuni altri costi fiscali fissi che grossomodo oscillano tra 350 e 500 euro.
Il notaio
Il costo varia a seconda del valore dell’immobile (la parcella cresce, anche se non proporzionalmente, con l’aumentare del prezzo), della difficoltà di stipula, del prestigio dello studio notarile. Indicativamente si possono mettere a budget tra l’1,5 e il 2,5% del valore della casa.
L’agenzia immobiliare
Le provvigioni di agenzia variano a seconda degli usi provinciali e del valore dell’immobile. Nelle grandi città e per transazioni del valore sotto 500 mila euro, di norma la percentuale per chi acquista è tra il 2,5 e il 3%. Questo significa mettere in conto una spesa tra il 3 e il 3,6%, perché sulla fattura si paga l’Iva.
Il trasloco
Non si possono dare indicazioni generali di costo. Si può andare da zero, se chi vuol comprare è un giovane che intende arredare ex novo la casa, alla decina di milioni e passa, se bisogna trasportare un arredo completo da una città all’altra.
Gli scacchisti più brillanti tendono a semplificare il gioco, proponendo e accettando scambi di pezzi, fin quando sulle caselle non restano solo il Re e pochi altri pezzi a difesa. In questo modo la partita diventa più lineare ed è più facile giungere all’obiettivo finale. La strategia di ricerca di una casa in un certo senso dovrebbe assomigliare a quella dello scacchista: si eliminano a poco a poco tutte le possibilità non interessanti per concentrarsi su un obiettivo reale.
E di scelte da fare, di opzioni da scartare ce ne sono davvero tante. La prima, non da poco, è decidere se si vuole vivere in una casa indipendente o in un condominio. Entrambe le soluzioni hanno pro e contro, non c’è maniera per sciogliere il dilemma in maniera obiettiva.
La casa indipendente offre due svantaggi non da poco: presenta sicurezza minore rispetto all’appartamento in condominio e ha costi di gestione più alti. Non solo: nei grandi centri urbani le case indipendenti sono poche e hanno un prezzo considerevolmente superiore rispetto alle abitazioni in condominio, quindi, a parità di budget, è necessario mettere in conto di trasferirsi fuori città.
Dobbiamo però aggiungere che, soprattutto se si è disposti ad andare fuori città, il dilemma non si pone proprio in termini di aut aut. Esiste infatti una soluzione di compromesso: il cosiddetto condominio orizzontale. Si tratta di complessi di ville singole o a schiera organizzate con servizi comuni. Garantiscono indubbiamente maggiore sicurezza delle case isolate e abbattono in maniera significativa le spese di gestione: lo scotto da pagare è una minore privacy.
Risolta questa prima questione si può passare a esaminare le caratteristiche più significative dell’immobile che ci interessa.
Volendone fare un elenco potremmo distinguere:
Il tipo di unità immobiliare
· Appartamento
· Attico
· Loft
· Villa o casa unifamiliare (se si vuole una casa indipendente)
Le caratteristiche dell’unità immobiliare
· Libero o occupato (solo se si pensa a una casa da investimento)
· La superficie
· Numero dei locali, grandezza e loro funzione
· Cucina abitabile o non
· Numero dei bagni
· Piano
· Box e posto auto
· Cantina e pertinenze
· Stato di manutenzione
La zona
Localizzazione: centrale, residenziale, periferica, extraurbana. Spesso ci possono essere anche esigenze più specifiche. Ad esempio, una coppia di giovani sposi può avere interesse a stare vicino ai genitori, perché poi serviranno per tenere i figli. Servizi di vicinato: trasporti pubblici, parcheggi, negozi, scuole e asili, verde pubblico.
Lo stabile
Anzianità di servizio: in costruzione, nuovo ma già costruito, recente (meno di 35 anni), vecchio. Caratteristiche costruttive: signorile, medio signorile, economico, d’epoca. Servizi: ascensore, tipo di riscaldamento, portineria, giardino, parco giochi.
A ogni voce si dovrebbe assegnare mentalmente (ma farlo per iscritto forse aiuta a concentrarsi meglio sul problema), il giudizio se si tratta:
a) di una caratteristica irrinunciabile;
b) di un plus non determinante, ma che può deciderci a dare la preferenza a un immobile piuttosto che a un altro;
c) di una caratteristica del tutto ininfluente.
Abbiamo preparato una tabellina da stampare e riempire. E’ ovvio che le prerogative giudicate essenziali devono essere compatibili con il proprio budget; se si possono spendere solo 50 mila euro è inutile cercare un attico a Milano o a Roma.
Strategia, costanza, un po’ di fortuna: è il mix che serve per cercare casa. La soluzione più comoda sarebbe rivolgersi a una delle migliori agenzie immobiliari per comprare casa di fiducia incaricandola di selezionare gli immobili confacenti alle proprie esigenze. Il mercato, però, è troppo frammentato e spesso, soprattutto quando si cerca un appartamento con caratteristiche particolari, il professionista non può esaudire in breve il desiderio del cliente.
Per questo il primo passo da compiere può senz’altro essere attivare una o più agenzie perché ci contattino non appena dispongono di un immobile che potrebbe adattarsi alle nostre esigenze, ma ciò non toglie che bisogna anche muoversi direttamente.
Oltre alle richiesta in agenzia si possono identificare cinque metodi di ricerca, tutti compatibili tra di loro:
- Il passa parola;
- I cartelli vendesi;
- Rispondere ad annunci di vendita sui giornali;
- Fare annunci di ricerca;
- Cercare su Internet.
Il “passa parola”: si chiedono notizie ad amici e parenti, si mette in giro la voce in ufficio che si è alla ricerca di una casa di un certo tipo o in una certa zona etc.; se si è particolarmente interessati a un certo stabile si chiedono informazioni alla custode e all’amministratore condominiale, le due persone che di solito sanno se qualcuno sia intenzionato a vendere prima che lo sappia l’interessato.
I cartelli “vendesi” affissi ai portoni: si “batte” la zona di interesse e si prende nota del numero di telefono di chi vende. E’ un sistema che offre il pregio di consentire un primo “screening” dell’immobile, consentendo di dare una sommaria valutazione dell’edificio e che ha anche il grande vantaggio di consentire una migliore conoscenza della zona in cui si cerca.
Le inserzioni pubblicitarie sui quotidiani e sui giornali di annunci. E’ il più classico dei sistemi, ma è anche quello che forse porta al maggior dispendio di tempo. Le inserzioni sono di solito molto sintetiche: quelle a pagamento per comprensibili ragioni economiche, quelle gratuite perché in genere il giornale mette un limite di ingombro, e spesso la sintesi in questo campo diventa sinonimo di informazione parziale o vaga.
Fare inserzioni, affiggere cartelli di ricerca, stampare volantini da infilare nelle caselle della posta o sotto i tergicristalli delle vetture parcheggiate. Sono sistemi che molto spesso si rivelano inutili. Di sicuro, però, non sono dannosi.
La ricerca su Internet. Ci sarà consentito, crediamo, un peccato veniale di…interesse privato in atti di ufficio e quindi di spezzare una lancia in favore della ricerca sul web che, oltre a fornire informazioni assolutamente gratis, offre plus importanti: in primo luogo, presenta un’offerta ampia e veramente rappresentativa del mercato e spesso foto che permettono di avere una scelta più consapevole e minori perdite di tempo. Siccome il prezzo di una casa nasce sempre dal confronto con appartamenti di analoghe caratteristiche, mettendo a paragone più offerte si ha un’idea immediata dei valori di mercato; le descrizioni degli immobili sono esaurienti e quindi si può effettuare una scelta meditata su che cosa visitare e che cosa scartare. Infine, poter selezionare a priori i parametri che più interessano l’utente velocizza la ricerca.
Tutti questi metodi comunque sono validi se raggiungono lo scopo, come più o meno direbbe Machiavelli. A priori, però, bisogna mettere in conto tempo ed energie (più mentali che fisiche, per la verità). Insomma cercare casa è un lavoro, e come tale non va preso alla leggera.
Comprare casa: qual è il prezzo giusto?
Ogni casa è una storia a sé. E anche un prezzo a sé. Stimare il valore di un immobile non è facile, ma se si tratta di edifici non residenziali le cose si semplificano un po’ perché si fa un calcolo finanziario e il valore è dato dal canone che si può ottenere dalla locazione. Se l’edificio è nuovo si possono stimare i costi di costruzione e i costi del terreno e sulla base di questi stabilire un prezzo. Ma se la casa è usata non vanno bene né il primo né il secondo sistema. Bisogna per forza ricorrere al cosiddetto metodo comparativo: si vede a quanto si sono recentemente venduti alloggi analoghi e su quella base si fa la stima.
Quando un professionista deve comparare un alloggio da valutare con uno già venduto e di cui conosce il prezzo effettua il paragone sulla base di un parametro comunemente accettato: il prezzo per metro quadrato di superficie commerciale. A monte, però, bisogna stabilire come si misura la superficie commerciale, attribuendo coefficienti di riduzione alle parti complementari dell’immobile (ad esempio balconi e terrazzi).
Questo è il punto di avvio; poi entrano in gioco le caratteristiche che rendono la casa diversa, in meglio o in peggio, da quella che si usa come pietra di paragone: ad esempio, se si stima una casa al quarto piano in uno stabile dove è stato venduto un alloggio del tutto simile al secondo piano, si alza il prezzo se c’è l’ascensore, altrimenti si ribassa. La stima immobiliare non è una scienza esatta, ma è una disciplina difficile, per questo è sempre opportuno rivolgersi a professionisti di sicura affidabilità.
Ed è una scienza di cui bisognerà imparare i rudimenti quando si vuol comprare: con un po’ di accortezza e prendendosi il giusto tempo è possibile capire, dopo aver visitato una casa, se fa per noi oppure no.
Una casa usata abbisogna quasi sempre di notevoli lavori di ristrutturazione: non solo per ripristinare parti usurate ma, il più delle volte, per renderla più adatta alla personalità di chi compra. E’ un problema che si può bypassare comprando una casa in costruzione, una soluzione che ha anche il vantaggio di lasciar tranquilli per lungo tempo sulle spese di manutenzione straordinaria. Ma l’operazione comporta anche qualche rischio e la prudenza, che deve sempre guidare la trattativa immobiliare, va raddoppiata.
E’ inutile nasconderlo: comprare casa (che sia a Milano o a Roma o in qualsiasi altra città) comporta qualche rischio, perché le leggi italiane non tutelano a sufficienza il potenziale acquirente. E’ necessario effettuare alcuni controlli formali per valutare se la transazione presenta aspetti a rischio. In questo caso avere a che fare con un’agenzia immobiliare seria e con un nome da difendere sul mercato è una garanzia molto importante, perché i controlli sulla vendibilità dell’immobile li fa preliminarmente l’agenzia, che non ha nessun interesse a rischiare il suo nome per guadagnare una parcella in più.
1. la regolarità urbanistica e ipotecaria dell’immobile e il profilo del venditore
2. la situazione condominiale e fiscale
La regolarità urbanistica e ipotecaria
Se si tratta direttamente con un privato i punti su cui concentrarsi sono quattro:
1) la titolarità del possesso.
Chi vende deve essere necessariamente il proprietario, o il suo procuratore nominato con atto notarile. La titolarità del possesso è verificabile presso la Conservatoria del registro (dove si può anche controllare l’esistenza di ipoteche) in genere situata nel capoluogo della provincia in cui si trova l’immobile.
2) la presenza di eventuali ipoteche.
Nell’atto di trasferimento è scritto che l’immobile è venduto libero da ipoteche, ma attenzione, il notaio, senza uno specifico incarico da parte del cliente e se l’atto di vendita, il rogito, avviene nella forma della scrittura privata autenticata (ne parliamo nel paragrafo dedicato al rogito) non ha l’obbligo professionale di verificare che le dichiarazioni del venditore siano autentiche. Se il venditore dichiara il falso sono guai. L’ipoteca infatti segue l’immobile e non chi l’ha accesa, e se non la si paga c’è il rischio di un’esecuzione immobiliare, cioè di una vendita all’asta giudiziaria, per evitare la quale non resta che pagare il debito residuo. Anche se una situazione del genere permetterebbe sicuramente la risoluzione del contratto di compravendita, farsi ridare i soldi non è cosa affatto agevole, specialmente da persone che fanno trucchi del genere. Esiste però un modo di controllare l’esistenza di ipoteche ci si può recare alla Conservatoria dell’ufficio del registro immobiliare (che è più aggiornato del Catasto) con nome, cognome, data di nascita e paternità del venditore. Dopo un po’ di coda si potrà sapere se a quel nome risulta intestata la registrazione di una qualsivoglia ipoteca. Questi controlli sono inutili se per acquistare l’abitazione si intende accendere un mutuo. In questo caso sarà la banca a verificare nel suo proprio interesse l’esistenza di precedenti ipoteche.Se invece si reputa conveniente accollarsi un mutuo esistente, bisogna verificare che il venditore sia in regola con i pagamenti.
3) La corrispondenza tra la planimetria esistente al catasto e quella attuale.
Abbiamo accennato sopra alla necessità che tutte le variazioni siano state autorizzate o condonate. Di norma nel rogito è contenuta una dichiarazione del venditore sulla regolarità edilizia dell’immobile e i controlli sulla planimetria sono compiuti di routine dai notai ma anche qui vale quanto detto a proposito delle ipoteche. Molta attenzione va posta all’esistenza di eventuali condoni, visto che le domande sono valutate ad anni di distanza e possono anche essere respinte. Introducendo nel rogito una clausola per cui tutte le spese derivanti da irregolarità urbanistiche compiute dal venditore rimarranno a suo carico ci si mette al riparo da sorprese, ma è meglio sapere prima come stanno le cose.
4) La professione del venditore.
Bisognerebbe sempre sapere se chi vende è un soggetto a rischio di fallimento e quindi se ha un’attività imprenditoriale in proprio o in una società di persone (S.n.c., S.a.s.). Nel malaugurato caso di un crack del venditore, la casa che si intende acquistare servirebbe per soddisfare le pretese dei creditori.
Comprare un appartamento ancora in costruzione presenta due vantaggi molto rilevanti. Il primo è la possibilità di adattare l’alloggio alle proprie esigenze, decidendo la suddivisione degli spazi interni e i materiali utilizzati per le finiture (infissi, pavimenti, tipi di sanitari eccetera). Il secondo è che le case nuove sono fatte meglio di quelle degli scorsi decenni: sono tagliate senza spreco di spazi, sono predisposte alle nuove tecnologie, costa meno riscaldarle, per anni non avranno bisogno di ristrutturazione.
Vi sono anche due controindicazioni altrettanto pesanti. Il primo è che, soprattutto se si prenota a cantiere appena aperto, una previsione sui tempi di consegna è sempre aleatoria. Il secondo è che le somme versate fino al rogito possono essere a rischio, soprattutto se il costruttore fallisce.
Le protezioni date dalla legge
Fino a qualche anno fa l’acquisto di una casa in costruzione era ben poco tutelato in Italia. Poi è intervenuto un decreto legislativo in attuazione della legge delega che ha finalmente posto una serie di protezioni per il consumatore.
Le tutele previste sono di tre tipi:
1) una garanzia fideiussoria, rilasciata da una banca o da una compagnia di assicurazione, sulle somme via via anticipate da chi acquista.;
2) una polizza danni di durata decennale che copre i “vizi” gravi dell’immobile, anche quelli “occulti”, cioè quelli che non è possibile rilevare al momento dell’acquisto;
3) infine alcune prescrizioni su come devono essere fatti il compromesso e il rogito di compravendita.
Si è anche è operato per ammorbidire, a favore degli acquirenti, le norme a tutela dei creditori della ditta fallita: il mutuo contratto per l’edificazione del palazzo va, appena possibile, frazionato appartamento per appartamento, l’ipoteca iscritta va cancellata non appena le rate sono pagate, sono posti limiti alla revocatoria del rogito e il candidato acquirente ha diritto di prelazione sull’immobile posto all’asta giudiziaria, all’ultimo prezzo raggiunto.
Resta certo che una legge giusta è stata varata dopo il solito tourbillon di emendamenti e ne è uscita con qualche “buco” e certe ingenuità. Inoltre le nuove norme sembra che facciano fatica ad affermarsi, almeno quando sono coinvolte imprese poco serie.
Un ombrello che non copre tutti
Il decreto legislativo varato fa fare un enorme passo avanti alla tutela del consumatore acquirente ma non è uno scudo che può proteggerlo da ogni rischio.
Nessuna tutela è pensabile ad esempio per chi versi somme in nero, per ridurre l’imposizione fiscale al momento dell’acquisto. In compenso ci saranno meno motivi per evadere, perché oltre al rischio di essere presi dal Fisco con le mani nel sacco (cosa che accade di rado) cioè quello di non vedersi restituito tutto quello che hanno anticipato in caso di crisi del costruttore.
Capire chi è il promotore
Bisogna stare molto attenti a non fare confusione; nella costruzione di una casa possono intervenire fino a tre o quattro distinti soggetti: il primo è chi promuove l’iniziativa; il secondo è l’impresa edilizia che provvede all’edificazione, il terzo è chi cura la commercializzazione del progetto. Talvolta capita che il proprietario del terreno su cui si innalza il palazzo sia a sua volta un distinto soggetto. Infine ci sono spesso ditte subappaltatrici, che agiscono comunque sotto la diretta responsabilità dell’impresa edile. Il soggetto di gran lunga più importante è il primo (che talvolta si identifica con l’impresa costruttrice); questi è, a tutti gli effetti il costruttore e questi è la vostra controparte.
Particolari cautele vanno tenute quando la casa che ci viene venduta è stata ereditata o ricevuta in dono non solo da chi ce la vende, ma perfino da chi a suo tempo l’ha venduta all’attuale proprietario.
In caso di successione ereditaria, infatti, gli eredi possono impugnare un testamento per ottenere la rispettiva quota di legittima, che è la quota del patrimonio a cui i parenti prossimi (per esempio i figli della persona morta) e il coniuge hanno diritto per legge. Stesso discorso vale per chi ha ricevuto un immobile in dono: la donazione è infatti considerata un anticipo dell’eredità. E’ evidente che l’ immobile a suo tempo ereditato o donato e ora posto in vendita fa parte di questo patrimonio.
L’erede di cui sia stata lesa la legittima, salvo casi particolari, può porre in essere la cosiddetta “azione di riduzione”, entro vent’anni dalla data dalla data di trascrizione della donazione. I terzi acquirenti dell’immobile ricevuto in dono possono essere costretti a restituirlo oppure a pagarne l’equivalente in denaro, salvo poi tentare di rifarsi contro chi l’ha loro venduto.
Per maggiori informazioni, consultate gli articoli dal 553 al 564 del codice civile.
A Parigi è conservata alla temperatura costante di 4° una barra di platino che misura esattamente un quaranta milionesimo del meridiano terrestre. Per convenzione la lunghezza di quella barra è il metro lineare e da lì non si sgarra. Quando si passa invece a misurare la superficie di un appartamento è facile scoprire che la misurazione di un metro può essere effettuata in maniera assai più elastica.
Siccome il metro quadrato è il riferimento base per il prezzo (anche se nel rogito poi la vendita avviene a corpo e non a misura) una buona norma di comportamento per il potenziale acquirente quando visita un appartamento è di farsi dare una piantina dell’alloggio e verificarne, magari con l’aiuto di un professionista, la scala e l’aderenza alla realtà. Ma, prima ancora, si potrebbe agire in maniera più empirica, portandosi dietro un metro (di quelli tarati sulla barra di platino di Parigi…) e prendendo direttamente in loco le misurazioni.
Qui entra in gioco un aspetto davvero importante: le case non si misurano sulla base della superficie “calpestabile”, ovvero sugli spazi effettivamente utilizzabili per abitare, ma bensì sulla base della cosiddetta “superficie commerciale”.
Come si calcola? Oggi non è possibile dare una risposta univoca, perché in materia valgono gli usi provinciali, raccolti dalle camere di commercio. In alcuni casi gli usi prevedono norme molto dettagliate. Per chi fosse interessato forniamo un riassunto delle regole previste dalla Borsa immobiliare di Milano, considerate un ottimo riferimento dagli addetti ai lavori e un paragone fatto da Il Sole 24 ore tra le regole vigenti in Catasto e quelle in uso a Milano, Torino e Roma.
Nella pratica però si adotta uno schema un po’ più semplificato. La superficie commerciale si ottiene addizionando i vari elementi in questo modo:
1. La superficie totale dell’unità immobiliare comprensiva dei muri interni considerata al 100%;
2. La superficie dei muri perimetrali confinanti con altri immobili o con parti comuni dell’edificio al 50% ed al 100% quella dei muri perimetrali non confinanti. I muri delle case indipendenti vengono sempre stimati al 100%;
3. Il 50% della superficie dei balconi e, generalmente, 1/3 della superficie del terrazzo;
4. Il 10% dei giardini di proprietà esclusiva.
In genere cantine e solai non rientrano nel computo, mentre i box e i posti auto vengono stimati a corpo e non a misura.
Si tratta, teniamolo presente, di percentuali di massima, soprattutto per quanto riguarda balconi e terrazzi. Infatti, in questo caso, conta molto anche il piano e l’affaccio. Un terrazzo al primo piano che dà su un parco condominiale può al limite valere più dello stesso terrazzo a piano alto, mentre al contrario un terrazzo basso che affaccia su cortile in cemento circondato da altre costruzioni o da box ha valore molto basso.
Una casa al quinto piano con affaccio Sud ovest e ascensore vale esattamente il 14,31% in più della stessa casa ma sita al terzo piano e affaccio Nord est. Se però la prima abitazione avesse il riscaldamento centralizzato e il secondo quello autonomo il gap di valore scenderebbe all’8,24%.
Non sono parole in libertà: vogliamo solo dare l’indicazione di che cosa succede a prendere troppo sul serio le tabelle che riportano i coefficienti di valutazione degli immobili a seconda delle loro caratteristiche. Si tratta di strumenti utili, se letti come indicazioni di massima ma non possono essere presi per oro colato. Per questo preferiamo fare un elenco ragionato dei fattori che determinano, nel metodo comparativo, la stima di un immobile, senza dare cifre. In questo caso è il metodo più sicuro per non dare insieme anche i numeri…
E di elementi da prendere in considerazione ce ne sono davvero parecchi. Elenchiamo qui quelli relativi alla zona e al palazzo e poi, uno per uno, li commentiamo.
1. Ubicazione
2. Età e stato di manutenzione
3. Aspetto e pregio
4. Fattori ambientali
5. Parcheggi e mezzi pubblici
Ubicazione
Le zone centrali in genere hanno maggior valore di quelle semiperiferiche o periferiche. E’ un discorso che però non può prescindere da particolari situazioni locali. Nelle città che hanno a immediato ridosso del centro abitato un hinterland collinare con immobili di pregio (succede ad esempio a Torino, a Bologna, a Firenze), queste zone valgono come e più del centro. A Milano il quartiere di San Siro o a Roma l’Appia Antica, pur essendo decentrati, valgono almeno come il centro storico. Vi possono poi essere particolari situazioni di degrado (presenza di malavita o di immigrazione clandestina) che deprezzano zone anche centrali. E poi ci sono situazioni particolari (il mercato settimanale sotto casa, la presenza di locali notturni, etc) che possono far scendere il valore di strade o rioni situati in quartieri o zone teoricamente di alto pregio.
Età e stato di manutenzione
Di solito gli immobili sono divisi in tre fasce: nuovi, quando hanno meno di dieci anni o sono stati sottoposti a radicali lavori di ristrutturazione; recenti, con meno di 35 anni, vecchi. Per casa d’epoca si dovrebbe intendere un immobile signorile di oltre cinquant’anni tenuto a regola d’arte, ma le inserzioni tendono spesso a far passare in questa categoria anche vecchie e malandate case popolari. Lo stato di manutenzione è un aspetto fondamentale per valutare la convenienza dell’acquisto.
Aspetto e pregio
La cura dell’esterno e il pregio dei materiali utilizzati per le parti comuni hanno un buon peso sulla valutazione di un appartamento. Altrettanto va detto per i servizi accessori: una piscina o un campo da tennis condominiale, gli ascensori che accedono direttamente all’appartamento o la profusione di marmo qualificano naturalmente uno stabile come lussuoso, ma anche se non si ha in mente di comprare un’abitazione di grande immagine e si cerca più semplicemente una casa classificabile come signorile o medio-signorile bisogna valutare i servizi offerti dall’edificio, come la tenuta del giardino e, ancora più importante, la portineria.
Fattori ambientali
In questi ultimi anni la maggiore sensibilità ecologica ha portato a dare valore ad aspetti come la silenziosità e la mancanza di inquinamento atmosferico. Una casa situata in un complesso ricco di verde e di viali pedonali, isolata dal traffico cittadino, offre un plus molto apprezzato oggi. E anche case che non godono di questa situazione invidiabile ma che comunque si trovino vicine a parchi pubblici ottengono un incremento di valore, a condizione, però, che il parco non sia mal frequentato di sera.
Parcheggi e mezzi pubblici
La possibilità di avere in pertinenza un box o un posto auto e la vicinanza dei mezzi e dei servizi pubblici.
Ecco invece i fattori determinanti per quanto attiene i locali e la loro disposizione:
1. Piano
2. Superficie complessiva
3. Spazio sfruttabile
4. Esposizione
5. Luminosità
6. Affaccio
Piano
E’ un fattore decisivo: in linea di massima il valore di un appartamento sale con il salire di piano. Ci sono però due eccezioni alla regola. La prima, quando l’edificio è privo di ascensore. In questo caso per ogni piano dopo il secondo il valore decresce drasticamente. Il secondo, quando la casa affaccia su un bel giardino o addirittura su un parco condominiale. In questo caso i piani bassi non perdono valore rispetto a quelli più alti.
Superficie complessiva
Abbiamo detto che il parametro di base per la valutazione è il metro quadrato commerciale. Bisogna però aggiungere che, a parità di caratteristiche intrinseche, le case di piccole dimensioni (fino a 50 mq) valgono proporzionalmente di più.
Spazio sfruttabile
Altro elemento decisivo: va valutata quanta parte della superficie commerciale si possa effettivamente utilizzare. Una casa di cento metri con 30 buttati via in atri e corridoi non si può stimare “valore pieno” per tutti i 100 metri.
Esposizione
Lo standard è l’esposizione su due lati, uno dei quali il Sud. Tre o quattro lati costituiscono un plus importante, un lato solo (a meno che non si tratti di un miniappartamento) invece rappresenta un motivo di deprezzamento dell’immobile.
Luminosità
E’ un fattore importante per la qualità della vita all’interno della casa. Nelle case con riscaldamento autonomo, poi, una casa luminosa e ben esposta fa consumare meno combustibile
Affaccio
La vista su un giardino o, a un piano alto, la possibilità di vedere liberamente i tetti delle altre case sono aspetti che hanno il loro valore nelle case in condominio; nelle case indipendenti, poi, la possibilità di godere di una vista panoramica da solo può determinare (quando il panorama è veramente bello) per il 50% il valore della casa.
Quando si visitano più appartamenti può essere molto utile mettere a paragone per ognuno queste caratteristiche ed è meglio farlo per iscritto. Gli anglosassoni chiamano la tabella di confronto “home comparison chart”. Chi fosse interessato ne può trovare una già pronta da stampare.
Un discorso a parte va fatto per chi compra una casa a scopo di investimento e opta per l’occupato. In questo caso la riduzione sul valore va dal 20 al 30% a seconda del tipo di contratto in corso o a suo tempo stipulato (equo canone, patto in deroga, contratto libero stipulato dopo il 1998), della situazione con l’inquilino (sfratto in corso o meno), della durata residuale, degli usi locali.
Il valore dei box dipende dal numero di auto che vi possono trovare asilo. Inoltre si tiene conto della facilità di accesso, della possibilità di ospitare oltre all’auto anche una moto, e, per i parcheggi interrati, anche del piano: più questo è basso meno vale il box.
Il prezzo di mercato di un posto auto è influenzato in maniera decisiva dall’offerta. I potenziali utenti sono ubicati in un raggio di 2-300 metri. Se in zona aumenta l’offerta, il valore scende di parecchio.
L’inserzione pubblicitaria è attraente, le prime informazioni che abbiamo ricavato telefonando al proprietario o all’agenzie che per suo conto sta trattando la vendita ci hanno convinto che vale la pena di effettuare una visita. Se è vero che nella vita spesso la primissima impressione è quella che conta, è altrettanto certo che all’appuntamento bisogna andare ben preparati e che non bisogna lasciare che chi ci accompagna ci faccia fretta. I risparmi che stiamo mettendo in gioco sono i nostri e abbiamo il diritto di capire come li impieghiamo.
La nostra attenzione dovrà concentrarsi più punti:
1. lo stabile
2. lo stato di salute dell’unità immobiliare
3. il quartiere in cui è situato l’edificio
Si tratta di un esame a prima vista complesso, ma il compito è in realtà molto facilitato da un semplice fatto: non avete ancora tirato fuori una lira e se chi vende si dimostra reticente, vago, o comunque poco collaborativo, potete ringraziare e salutare.
Qualche consiglio utile prima di cominciare l’esame dei cinque punti.
1. Farsi consegnare copia di una planimetria (la piantina dell’appartamento): serve durante la visita e anche dopo, quando si sta meditando sull’opportunità dell’acquisto magari con la consulenza di un professionista:
2. Presentarsi in visita muniti di un nastro metrico: serve per verificare nei fatti la scala adoperata per la planimetria e la sua rispondenza alla realtà e anche per verificare che gli spazi esistenti siano adatti alle proprie esigenze (oltre che ai mobili posseduti)
3. Aprire le finestre e verificare il loro affaccio: serve per valutare la veduta e il rumore che arriva dalle strade
4. Capire come è orientata la casa, per verificarne l’insolazione.
Lo stabile
La valutazione del fabbricato è tutto sommato il compito più facile; si tratta di fare i controlli che già effettua un valutatore professionale e di cui abbiamo parlato nel paragrafo sulla stima del prezzo. Quindi informarsi sull’età dello stabile, esaminare lo stato di salute delle facciate interne ed esterne, valutare la qualità dei materiali utilizzati nelle parti comuni; se l’impianto di riscaldamento è centralizzato, informarsi sul tipo di caldaia e sul combustibile impiegato. Se c’è una portineria (elemento essenziale di qualificazione per uno stabile che abbia pretese di signorilità) la custode potrà essere una preziosa fonte di informazione. Con molta cura andrebbero esaminate anche le parti comuni meno evidenti. Un “trucchetto del mestiere” degli agenti immobiliari quando vanno a vedere una casa è quello di salire a piedi anche se l’ascensore funziona perfettamente: scale sporche o mal tenute, pianerottoli lasciati alla più completa anarchia sono sinonimo di amministrazione non molto accorta e di scarsa attenzione al condominio.
L’unità immobiliare
All’interno dell’appartamento tutti guardano alla disposizione dei locali, alla fruibilità degli spazi e alla possibilità di modificarli, allo stato di conservazione di pavimenti e impianti sanitari e non è difficile farsi un’idea di quello che si vorrebbe o dovrebbe cambiare (in genere tutto…), ma altrettanta cura bisognerebbe prestare allo stato di salute degli infissi; non è solo un fatto estetico, visto che per un buon 20% la resa (e quindi il costo) dell’impianto di riscaldamento dipende proprio dalla “tenuta” di finestre e balconi. A maggior ragione, quindi, bisogna stare attenti quando l’impianto è autonomo.
L’ideale sarebbe far verificare da un tecnico l’ impianti idraulico e del riscaldamento. Ma anche senza chiedere consulenze e spendere soldi c’è un infallibile sistema per capire se c’è qualche problema: la presenza di muffe o macchie di umidità. Se si trovano sul soffitto, ci sono problemi con il bagno del vicino del piano di sopra, se sono sulla parete, in corrispondenza dei caloriferi o altro.
Abbiamo visitato una casa, ci piace, ci convince, ma abbiamo (capita sempre) il sospetto che il prezzo richiesto sia troppo alto. Come valutare se la richiesta è in linea con i valori espressi dal mercato prima di cominciare la trattativa?
Se si conosce un agente immobiliare di fiducia e se non si è restii a mettere mano al portafogli per una perizia si chiede di effettuare una seconda visita all’appartamento assieme al professionista. Questo è un comportamento assolutamente normale nel mondo anglosassone, ma molto poco diffuso da noi (e si tratta di un errore). Se non si vuole seguire questa strada bisogna per forza di cose farsi un’idea personale dei valori medi di immobili analoghi a quello visitato e sulla base di questo effettuare la comparazione.
La prima fonte di informazione sono i borsini pubblicati periodicamente da giornali e riviste specializzati; i giornali però non fanno altro che riprendere e sintetizzare i dati che vengono dagli uffici, studi di società, centri ricerca, associazioni di categoria, enti pubblici (ad esempio le borse immobiliari) e quindi può essere ancora più opportuno rivolgersi alla fonte originaria. I listini delle principali società immobiliari, ad esempio, sono gratuiti e basta rivolgersi a una filiale per avere una copia della più recente pubblicazione.
I listini però hanno un difetto ineliminabile: presentano quotazioni medie, che spaziano in una forbice minimo massimo molto ampia, e suscettibile di ulteriori variazioni in presenza di particolari condizioni. Quando un borsino dice che in una certa zona le case ristrutturate costano da 2.000 a 3.000 euro al metro e che, a seconda dell’edificio, i valori possono variare ancora del 15% in realtà ottengo l’informazione che una casa può valere da 1.700 a 3.450 euro. Un po’ vago.
Per cui bisogna darsi da fare direttamente, mettendo a confronto i prezzi cui sono offerti (e anche questo comunque è un limite, perché il lavoro andrebbe fatto sui prezzi a cui si concludono le trattative non a quelli con cui si aprono) altri immobili in zona, informandosi presso le agenzie. Internet con il suo ampio ventaglio di offerta, consente di svolgere questo lavoro rapidamente senza muoversi dalla scrivania.
Dal produttore al consumatore. Il messaggio è semplice: se si saltano i passaggi intermedi la merce costa meno. Nelle cooperative edilizie questo concetto giunge al massimo del suo sviluppo, visto che produttore e consumatore coincidono: il socio della cooperativa si costruisce la sua casa.
Acquistare casa in cooperativa può essere un ottimo sistema per risparmiare soldi. Anzi, in molti casi è addirittura l’unico sistema per riuscire a comprare un’abitazione. Ma non è un’operazione esente da rischi. Comprare in cooperativa presenta infatti i medesimi rischi dell’acquisto sulla carta da un costruttore (e ha lo stesso tipo di tutele previste dal decreto legislativo n. 122/2005). Con l’aggiunta di un particolare tutt’altro che trascurabile. Se fallisce una cooperativa, il socio è anche promotore è, almeno formalmente, si è assunto buona parte delle scelte sul progetto (anche se in realtà le ha delegate a persone che ne sanno più di lui).
Le cooperative di abitazione sono infatti solo formalmente costituite dai soci assegnatari ma in realtà sono predisposte dall’alto da un’impresa di costruzione. Quindi le occasioni di truffa crescono. La democrazia interna può essere formale: in realtà le scelte sono già prese e gli associati non hanno comunque né le capacità tecniche, né il tempo di metterle in discussione. Costituendo queste coop, se si è disonesti, si scaricano sulle spalle dei soci molte responsabilità nelle scelte, che sono rinfacciabili a tutti, essendo formalmente prese in assemblee dove ciascuno ha diritto di voto, compresa la firma di contratti di appalto con condizioni leonine.
Il funzionamento della cooperativa presenta un altro svantaggio rispetto all’acquisto tradizionale: in una casa in costruzione è in genere buona norma acquistare a lavori già avanzati e quando un certo numero di appartamenti risulta prenotato. Questo evidentemente è un modo per limitare di molto i rischi connessi all’operazione. In una cooperativa agire in questo modo risulta quasi sempre controproducente. Infatti gli alloggi hanno più o meno tutti il medesimo costo al metro quadrato e quindi chi prenota prima può scegliere le case agli ultimi piani e quelle meglio esposte. Nell’edilizia tradizionale invece c’è sempre una differenza di prezzo determinata dal valore di mercato e quindi non sempre chi sceglie per primo è interessato agli appartamenti che costano di più.
Teoricamente le cooperative possono realizzare immobili a proprietà divisa (con assegnazione in proprietà delle unità immobiliari) e a proprietà indivisa (senza assegnazione). In pratica oggi quasi tutte operano con il sistema della proprietà divisa e si suddividono in due ulteriori categorie: cooperative a edilizia libera e a edilizia convenzionata.
Nel primo caso la differenza tra la casa costruita tra una coop e quella costruita da una spa o una srl è poco più che formale. La casa costa un po’ meno, perché non c’è da computare il margine di guadagno dell’immobiliarista. Sul prezzo finale dell’appartamento però tutti gli altri costi, e quindi anche il più rilevante, cioè quello dell’area, incidono allo stesso modo.
La situazione cambia radicalmente quando si parla di edilizia convenzionata. In questo caso gli oneri di urbanizzazione (cioè i contributi che richiede il comune per le opere stradali e per gli allacciamenti alle reti) sono ridotti. E inoltre l’area viene concessa a particolari condizioni, se non addirittura gratis. Queste agevolazioni vengono date in cambio di una convenzione. La casa deve rispettare determinate caratteristiche (non può costare più di quanto stabilito ogni anno dal Cer, il Centro per l’edilizia residenziale, e non può superare i 100 metri quadrati di superficie utile) e anche i soci devono rispondere a specifici requisiti determinati dalla convenzione stessa. Ad esempio, un comune può concedere l’area in cambio del fatto che l’immobile sarà destinato per una quota alle giovani coppie o agli sfrattati.
Questi alloggi inoltre non sono liberamente trasferibili. La vendita può avvenire soltanto a persone che rispondano a loro volta ai requisiti previsti dalla convenzione. Infine, non tutti gli alloggi in convenzione sono assegnati in diritto di proprietà piena. Il comune proprietario del terreno può riservarsi di concedere il solo diritto di superficie, cioè il diritto di abitare l’alloggio per un certo numero di anni, in genere 60 o 90, salvo un ulteriore rinnovo.
Di sicuro interesse, infine, c’è il trattamento fiscale cui sottostà l’acquisto in cooperativa: si paga l’Iva al 4% (purché ricorrano i requisiti per le agevolazioni prima casa) come per qualsiasi immobile comprato direttamente dal costruttore, sulla parte di prezzo equivalente al costo stabilito dal Cer però si ha una riduzione dell’imponibile del 30%. Lo sconto sale addirittura al 50% quando la vendita riguarda il solo diritto di superficie, con il Comune o chi per esso che rimane proprietario del terreno.
Dalla trattativa al rogito: quali sono le fasi cruciali?
Vista, piaciuta, comprata. Con una casa non si può fare così. Dal momento in cui si è deciso che un appartamento visitato rappresenta una buona soluzione al momento in cui si entra legittimamente in possesso delle sue chiavi passa un intervallo, nel migliore dei casi di qualche settimana, nella norma di qualche mese.
Prezzo e condizioni di acquisto vanno stabiliti in maniera certosina; se la trattativa non avviene direttamente con il venditore si è costretti talora a sottoscrivere una “proposta irrevocabile di acquisto” (impegnativa per chi acquista, non per chi vende) e solo ad accettazione avvenuta si può dare il via all’iter burocratico che porta al rogito.
La fase più importante è quella del preliminare di compravendita, in genere definito compromesso, cioè del contratto con cui le due parti statuiscono condizioni e prezzo cui viene venduta la casa, concordando anche le penali per chi non adempirà agli impegni. Il compromesso è una semplice scrittura privata che non richiede particolari formalità. Per conferire al contratto una maggiore forza lo si può far redigere da un notaio e trascrivere.
Dal notaio invece è obbligatorio andare per effettuare l’atto di vendita, comunemente definito rogito; il notaio non solo si incarica di stipulare e trascrivere il contratto, ma incassa anche il corrispettivo delle imposte dovute per l’acquisto, la cui entità dipende dai requisiti dell’acquirente (se si compra una “prima casa” si ha diritto ad aliquote agevolate) sia dai requisiti del venditore (se questi è un privato o una società che non costruisce, ristruttura o commercializza immobili non si paga l’Iva, dovuta invece nel caso di acquisto dalle immobiliari).
Siete convinti di aver trovato la casa giusta: bene, è il momento di non farsela scappare. Se nella fase della selezione è giusto prendersi un po’ di tempo per valutare bene l’affare, una volta che le informazioni necessarie sono state raccolte, è necessario avviare le procedure di acquisto.
Nel paragrafo dedicato alla visita della casa, abbiamo fatto un lungo elenco delle caratteristiche da valutare in un immobile. Alcune sono obiettivamente importanti; altre invece possono essere importanti per qualcuno, meno per altri. Un esempio su tutti: se non si amano i mezzi pubblici e si è fanatici dell’auto non ha senso spendere di più per comprare una casa vicino al metrò.
Su alcuni aspetti, però, bisogna essere completamente convinti:
- il prezzo
- la zona e la via
- il tipo di stabile
- la dimensione e il taglio dell’unità
- il piano
Se vanno bene tutti e cinque si può avviare una trattativa. Attenzione, negoziare non significa solo “tirare sul prezzo”, anche se questa è ,nella quasi generalità dei casi, la priorità.
La “malleabilità” in fatto di prezzo da parte del venditore dipende sostanzialmente dal bisogno che ha di vendere e dalla fase di mercato. I prezzi sono sempre trattabili, ma in una fase di mercato positiva, la “forbice” tra pezzo richiesto e prezzo finale di vendita si è molto ristretta. Si può provare a fare una controfferta al ribasso tra il 5 e il 10% e stare a vedere. Provare a offrire molto meno può significare solo due cose: o che non si tiene particolarmente a quella casa o che si ritiene il prezzo richiesto fuori mercato. In entrambi i casi però non si capisce perché si sia perso il tempo a trattare l’acquisto.
Dicevamo degli altri aspetti della trattativa: questi possono riguardare i tempi di consegna dell’immobile, la cadenza dei pagamenti, la possibilità di accollo di un eventuale mutuo, il diritto ad avere le chiavi per effettuare lavori di ristrutturazione già al compromesso, la ripartizione delle spese condominiali nel periodo tra il compromesso e il rogito, la suddivisione delle spese di manutenzione straordinaria già deliberate; i costi per sanare eventuali abusi edilizi o per mettere a norma gli impianti; insomma, oltre al prezzo di acquisto c’è molta altra la carne da mettere al fuoco.
Quando si tratta l’acquisto con un’agenzia, dopo aver definito con il mediatore quale prezzo si è disposti a pagare e a quali condizioni, può arrivare un momento molto delicato: la fase della cosiddetta “proposta irrevocabile”. Ci si dichiara, per il tramite del mediatore, disponibili all’acquisto a determinate condizioni, purché dal venditore giunga un’accettazione integrale della proposta entro un termine prestabilito. Sottoscrivendo una dichiarazione di questo tipo si compie un atto unilaterale: quello che viene scritto è impegnativo per il potenziale acquirente, ma non lo è per il venditore.
La proposta va fatta per iscritto e sempre per iscritto deve avvenire l’accettazione da parte del venditore. La forma non ha importanza: l’accettazione può avvenire indifferentemente con raccomandata, telegramma o mediante sottoscrizione di un contratto consegnato al mediatore. Una volta pervenuta la conferma l’acquirente non può più tirarsi indietro perché il contratto, con la manifestazione di volontà di entrambe le parte si è concluso.
La proposta irrevocabile è, per l’acquirente, un documento pericoloso. L’ideale sarebbe firmarla solo dopo che un notaio di fiducia ha eseguito le indagini di rito sull’immobile. Tuttavia, essendo vissuta come una sorta di “prenotazione”, per bloccare la possibilità di altri acquirenti di accaparrarsi l’immobile prima di noi, il tempo per gli accertamenti pare non esistere e molti firmano “al buio”.
Bisognerebbe comunque cercare di evitare di tirar fuori quattrini già in questa fase. L’agenzia tende sempre a chiedere un primo acconto (in genere tra il 5 e il 10% del prezzo), da versare con la firma della proposta irrevocabile a prova della serietà dell’offerta: si consiglia comunque in questo caso di non versare più del 5% del prezzo offerto. Non c’è alcuna ragione di farlo, perché l’impegno viene già preso proprio con la proposta irrevocabile. E’ al momento del compromesso che si dovrebbe cominciare con gli acconti. Comunque, se si danno soldi con la proposta irrevocabile, questi valgono esclusivamente come acconto (e non come caparra confirmatoria), vanno resi se l’affare non va in porto, e non servono per “bloccarlo”: l’accettazione della proposta deve essere infatti espressa direttamente dal venditore.
Sempre in questa fase, quando si tratta tramite agenzia, questa richiede la sottoscrizione di un riconoscimento di provvigione per l’attività di mediazione svolta. Va da sé che l’agenzia andrà pagata solo se il venditore accetta la proposta; questo deve emergere con chiarezza e senza possibili confusioni dal documento che ci viene sottoposto alla firma.
Il suo nome corretto sarebbe “preliminare di compravendita” ma tutti lo chiamano compromesso. Forse perché, una volta firmato, ci si compromette per davvero. Chiunque si tiri indietro dopo la firma rischia di pagare costi molto elevati.
Nel contratto, che può essere sottoscritto tra le parti su un semplice pezzo di carta e senza la presenza del notaio, vengono decisi tutti i dettagli, che poi vengono formalizzati nel rogito. Proprio per questo, quasi sempre il compromesso è nei fatti più importante del rogito.
Fino a poco tempo fa il preliminare di compravendita era vissuto come una necessità imprescindibile. Infatti in esso si denunciava il prezzo reale, mentre al rogito si era soliti dichiarare uno fittizio e di molto inferiore (per pagare meno tasse), pari almeno alla rendita catastale dell’immobile. In caso di problemi, il compromesso era il documento da tirar fuori per costringere l’acquirente a versare tutto il denaro pattuito.
Ora, per le compravendite di abitazioni usate acquistate da privati, tale motivazione non sta più in piedi. Infatti con la Finanziaria 2006 si è riconosciuto che, comunque, il valore imponibile è il valore catastale che, oggi come oggi, è pari dalla metà a un terzo di quello di mercato. Resta obbligatorio denunciare nel rogito anche quello reale di cessione, pena gravissime sanzioni.
Quindi le motivazioni di evasione fiscale a base del compromesso possono esistere solo in caso di abitazioni acquistate da imprese di costruzione o promotori entro quattro anni dalla loro costruzione, che sono soggette a Iva e per le quali l’imponibile è il prezzo di cessione.
La Finanziaria ha imposto comunque l’obbligo di registrare il compromesso quando nella trattativa è coinvolto un agente immobiliare: si tratta in sostanza di depositarlo presso l’ufficio del registro e di pagare una tassa di registrazione. Con ciò, tra l’altro, viene ufficializzata la data in cui è avvenuto. La registrazione è comunque cosa diversa dalla trascrizione, che prevede comunque l’intervento di un notaio e con cui gli obblighi e i diritti derivanti valgono anche nei confronti di terze persone.
Resta, come ragione base per sottoscrivere il compromesso, la fretta: definire subito un contratto, senza tante formalità. Oppure, in certi casi, un motivo opposto: garantire all’acquirente il possesso immediato, rimandando il rogito a data lontana, quando si disporrà di denaro liquido oppure quando saranno maturate certe altre condizioni. Anche in questi casi, è opportuno che l’acquirente si tuteli, coinvolgendo comunque un notaio con due funzioni: la prima è un controllo rapido della titolarità e dei vincoli sull’immobile, la seconda è controllare se il compromesso è scritto bene, e tutela entrambe le parti coinvolte. Non vale l’obiezione che così si paga di più: in genere un notaio corretto presterà la sua consulenza a costo ridotto o addirittura zero (a patto che sia lui poi a curare il rogito).
E’ molto importante che l’aspetto della caparra sia ben chiarito, perché le cose possono cambiare di parecchio a seconda di come viene chiamato il denaro che l’acquirente consegna al venditore al momento del compromesso. Vediamo cosa corrisponde a ogni denominazione:
Acconto è la somma data dall’acquirente al venditore al compromesso come anticipazione del prezzo, e va restituita se la compravendita non si realizza.
Caparra confirmatoria è l’ipotesi più frequente ed è prevista dall’art. 1385 del codice civile. Consiste in una somma che se il contratto ha normale esecuzione viene imputata al prezzo dovuto dall’acquirente. Se chi versa la caparra non adempie al contratto la controparte (il venditore) può recedere dal contratto e trattenere la somma ricevuta. Se inadempiente è colui che ha ricevuto la caparra la controparte (acquirente) ha diritto ad avere indietro il doppio della caparra versata. In alternativa, la parte danneggiata potrà chiedere la risoluzione del contratto e la liquidazione del maggior danno o l’esecuzione del contratto (art. 2931-2 del codice civile).
Caparra penitenziale è l’alternativa alla caparra confirmatoria ed è regolata dall’art. 1386 del codice civile. Le parti possono stabilire che il contratto si possa sciogliere pagando un prezzo. Questa somma è appunto la caparra penitenziale. La parte adempiente non può richiedere né il maggior danno né l’esecuzione del contratto.
Nel compromesso si possono comunque fare apporre tutte le modifiche e le clausole che si ritengono opportune: non c’è alcun problema perché il compromesso è un atto privato, una semplice promessa di vendita. Non vanno lasciate in ogni caso righe in bianco sopra la firma o all’interno dell’atto.
Da molti anni c’è la possibilità di trascrivere i compromessi stipulati dai notai. La trascrizione ha l’effetto di rendere pubblico il contratto, e presenta due vantaggi: il primo è che sono nulle le trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile (pignoramenti, sequestri, etc) che intervenissero tra il compromesso e il rogito; il secondo è che nel caso di fallimento del venditore prima del rogito, il potenziale acquirente viene promosso dal rango di creditore chirografario a quello di creditore privilegiato: se però, come molto spesso avviene, il fallito ha lasciato le casse completamente vuote e molti creditori da soddisfare, ai fini del recupero di acconti e caparre cambia ben poco.
Quanto ai costi comportati dalla trascrizione vi sono spese fiscali recuperabili e altre invece da considerare a fondo perduto. Si paga un’imposta dello 0,5% sulla caparra e del 3% sugli acconti di prezzo. Se la trattativa avviene tra privati, e quindi al rogito si dovrà versare l’imposta di registro, le imposte su caparre e acconti vengono considerate acconto di imposta e quindi scalate dal totale. Se invece l’acquisto è da impresa, con pagamento di Iva, le somme versate non sono recuperabili.
La trascrizione del compromesso ha comunque un costo notarile che, nel caso in cui il professionista venga incaricato anche della redazione del rogito, varia (indicativamente) da 300 a 600 euro, oltre a .costi fiscali fissi di diverse centinaia di euro.
Insomma, per la trascrizione bisogna mettere in conto somme non trascurabili, per cui la convenienza è limitata ad alcuni casi: il primo è quando il venditore è un imprenditore che potrebbe in teoria fallire (ma quando il rischio di fallimento è qualcosa di più che teorico è senz’altro meglio fuggire a gambe levate prima di versare una sola lira).
Un altro caso è quando tra il compromesso e il rogito passerà un lasso di tempo molto lungo. Questo succede ad esempio quasi sempre con le case in costruzione; ma bisogna, come abbiamo visto, mettere in conto l’irrecuperabilità di tutte le imposte.
Altra ipotesi è quando si versano (comportamento comunque sconsigliabile) caparre di importo molto elevato.
Esiste infine una quarta possibilità, legata all’agevolazione fiscale sulle ristrutturazioni. Se chi sta per comprare l’abitazione vuole fare i lavori prima di entrarci deve obbligatoriamente registrare (ma non trascrivere) il preliminare. Cioè assegnargli una data certificata di firma da parte dei sottoscrittori . La convenienza dell’operazione ovviamente dipende dall’importo dei lavori.
Il contratto con il quale un immobile cambia ufficialmente di proprietà deve essere stipulato da un notaio (o da un giudice, se c’è contenzioso o se vi è aggiudicazione a un’asta giudiziaria ).
Il passaggio di proprietà può avvenire in due forme: la scrittura privata autenticata e l’atto pubblico. Da un punto di vista formale la differenza non è da poco: con la scrittura privata il notaio prende atto delle dichiarazioni rese dai contraenti e ne attesta l’identità autenticandone le firme; con l’atto pubblico invece il notaio garantisce di aver controllato la veridicità delle affermazioni contenute nel contratto. L’atto pubblico costa un po’ di più (ma non molto).
A dire il vero qualsiasi notaio scrupoloso prima di redigere l’atto controlla, a prescindere dalla forma con cui lo redigerà, che il venditore possa legittimamente alienare l’immobile. A ogni buon conto, è meglio incaricare espressamente il notaio di compiere gli accertamenti e, soprattutto preferire la forma dell’atto pubblico quando si ha un purché debolissimo sospetto sulle affermazioni del venditore, in modo che il notaio sia spinto a controllarle con maggiore scrupolo.
Il notaio si incarica sempre si pagare le imposte di registro, ipotecaria e catastale a carico dell’acquirente (che, invece, nel caso di trasferimento sottoposto a Iva deve pagare questa imposta al venditore), deve curare la trascrizione dell’atto alla conservatoria e deve comunque risarcire le somme percepite e i danni quando l’atto risulta nullo per una causa a lui imputabile.
I costi professionali dell’atto variano moltissimo a seconda della difficoltà della transazione, degli accertamenti ipotecari e catastali necessari, del prestigio dello studio cui ci si affida. Alla base c’è una tariffa professionale nazionale, ma a livello provinciale vi sono aggiunte e varianti notevoli.
La scelta del professionista tocca in genere all’acquirente, non perché lo stabilisca una legge, ma perché questa è la prassi diffusa: infatti a lui tocca anche pagare la parcella. Ci sono casi in cui però può non valere la pena di impuntarsi sulla scelta. Quando la casa è in costruzione oppure si tratta del frazionamento di un immobile può essere consigliabile rivolgersi al notaio del venditore, perché sa già tutto dell’immobile, i tempi sono più rapidi e presumibilmente sono ridotti anche i costi. A meno che ci si fidi poco: in tal caso si può provare a imporre il proprio professionista.
E’ il documento finale, l’atto di vendita vero e proprio. Tutti i dubbi devono essere chiariti già nel compromesso, che sarà la base per la stesura del rogito fatta dal notaio. Comunque va verificata la piena conformità del rogito ai patti stipulati nel preliminare di acquisto (il cosiddetto compromesso). Niente vieta, naturalmente, di giungere direttamente al rogito senza stipulare alcun preliminare.
Quando si giunge al rogito si ha la garanzia di essere tutelato da un professionista super partes, il notaio, che tra l’altro ha l’onere di versare i tributi sul passaggio di proprietà e di trascrivere l’atto nei registri immobiliari perché sia valido anche per terze persone. Due raccomandazioni però potrebbero tornare utili. La prima è ricordare che in caso di comproprietà, per la validità dell’atto occorre che sia firmato da tutti i comproprietari, alla presenza del notaio, oppure che abbiano dato una procura a un loro rappresentante.
La seconda: è assolutamente indispensabile che, al rogito, la casa risulti davvero libera da ipoteche, servitù e altri vincoli. Fino a poco tempo fa, anche se tutte le rate di un precedente mutuo erano state pagate, l’ipoteca restava in vita se nessuno si preoccupava di cancellarla. Ora, per fortuna, le cose sono cambiate. La banca o la finanziaria che hanno concesso il prestito devono rilasciare al mutuatario quietanza che attesti l’estinzione del debito e, entro 30 giorni, deve trasmettere alla Conservatoria competente comunicazione dell’avvenuto rilascio della quietanza stessa. Se il mutuo, invece, si è estinto prima, chi ha chiesto il prestito ha l’onere di inviare raccomandata con avviso di ricevimento alla banca stessa, in cui chiede il rilascio della quietanza: a questo punto sarà a posto. Attenzione però: vi sono casi particolari in cui questo procedimento può essere impossibile e bisognerà ricorrere alla vecchia cancellazione fatta dal notaio (ipoteche iscritte a garanzia di mutui quando l’obbligazione di pagamento delle rate sia stata incorporata in cambiali rilasciate dal mutuatario).
Qualora invece il compratore accetti l’accollo di un mutuo in corso, bisogna fare i calcoli con la massima precisione del debito residuo (capitale da rimborsare), nonché degli interessi che ci si accollerà in futuro, che andranno scalati dal prezzo che avrebbe una casa libera da ipoteche. Se si riesce a trovare una banca che concede condizioni migliori, si può anche tentare di trasferire ad essa il mutuo (volgarmente l’operazione viene detta “portabilità del mutuo”, in linguaggio più tecnico “surrogazione”).
Siamo abituati a credere che l’iter burocratico della compravendita si concluda al rogito. Non è così. Termina solo quando il notaio trascrive questo documento presso i Registri Immobiliari. E’ solo allora che l’atto assume piena validità di fronte a terze persone. Tra due trascrizioni, vale quella che ha la data più antica.
In media i notaio impiegano una ventina di giorni ad effettuare la trascrizione. E, in questo periodo, può succedere di tutto. Per esempio, il venditore potrebbe vendere lo stesso immobile anche ad altri, tramite un altro notaio, che non avrebbe materialmente la possibilità di controllare, presso i Registri, che l’alienazione è già avvenuta. Sono cose già capitate: un immobile venduto a più persone con il truffatore che,dopo aver intascato i soldi, si è reso irreperibile.
Non è finita: nel periodo intercorrente tra rogito e trascrizione il venditore potrebbe accendere un’ipoteca o subire un pignoramento. Quindi è il caso, se si ha il pur minimo sospetto, di insistere con il notaio perché la trascrizione avvenga il più rapidamente possibile.
Vi è inoltre un caso, raro ma possibile, in cui il rogito stesso può essere revocato: lo stabilisce l’articolo 67 della legge fallimentare (Regio decreto n. 267/1942), che afferma : “Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso”.
Nella maggior parte dei casi tale articolo si applica alle imprese di costruzioni che vanno in fallimento e il pericolo è tanto più grave quanto più al rogito si dichiara un prezzo inferiore a quello realmente pagato (situazione che rende tra l’altro meno efficaci le garanzie date dal decreto legislativo di tutela dell’acquirente sulla carta). Occhio, quindi.
Inoltre la legge impone che nel rogito vada comunque denunciato il valore reale a cui è avvenuta la compravendita. In mancanza, è applicata una sanzione pari a metà della differenza tra quanto pagato e il nuovo calcolo delle imposte stesse.
Facciamo un esempio di acquisto di prima casa da un privato , con le agevolazioni fiscali previste, per 250 mila euro. Il suo valore catastale è però di 100 mila euro. Le imposte dovute sono 3.336 euro. Tuttavia, in base alle vecchie abitudini, si dichiarano nel rogito solo 150 mila euro (e il Fisco se ne accorge). Si ricalcano le imposte sulla base di un valore di 250 mila euro (e salgono quindi a 7.836 euro). In più c’è una sanzione del 50% della differenza tra 7.836 e 3.336 euro (4.500 euro : 2= 2.250 euro). Totale: 7.836+2.250=10.086 euro.
La comunicazione alla pubblica sicurezza
L’articolo 12 della legge 18/5/1978 n. 191 stabilisce che il venditore di un immobile, oppure chi lo dà in affitto, deve comunicare all’autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell’immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell’acquirente, dell’inquilino o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all’interessato.
Questa disposizione, introdotta a suo tempo a scopi anti-terrorismo, sembrava essere stata abrogata, ma per ora rimane ancora in vigore (salvo cambiamenti legislativi).
I moduli relativi sono in genere forniti dal notaio stesso o, in alternativa, possono essere reperiti presso le librerie tecniche o presso i commissariati di P.S. dove si fa la comunicazione.
La comunicazione può essere portata direttamente ai commissariati o spedita con raccomandata con avviso di ricevimento. Ai fini dell’osservanza dei termini vale la data della ricevuta postale.
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