Comprare un immobile: le cose che devi sapere prima di investire

Il finale non cambia: ci si siede davanti ad un notaio e si stipula un rogito. Le motivazioni che portano all’acquisto di un immobile possono però essere diverse: si può comprare una casa per andarvi a risiedere in pianta stabile, oppure per sfruttarla come abitazione per il fine settimana e le vacanze. Oppure si acquista un alloggio con l’intenzione di non mettervi quasi mai piede e ricavarne un reddito.

 

Acquisto immobile: le cose che devi conoscere prima di...

 

A seconda del perché si arriva davanti al notaio cambiano molte cose: strategia di ricerca, tempi per chiudere la trattativa, costi fiscali e di gestione da mettere in conto. Sono tutti aspetti da ponderare attentamente, prima di avventurarsi nell’iter di un acquisto. Anzi, se si pensa di comprare per utilizzare direttamente l’abitazione può essere opportuno valutare se non sia più vantaggioso andare in affitto.

 

A conti fatti, l’ipotesi si verifica assai più spesso di quanto non si creda. Al contrario chi (beato lui), si trova uno o più immobili “di troppo”, dovrà farsi i conti in tasca. Innanzitutto dovrà considerare se sia soddisfacente il reddito che può ricavare dei beni, al netto di imposte e spese di gestione. Poi dovrà tener conto delle aspettative di una rivalutazione del bene. Infine dovrà capire se non sia più opportuno vendere l’immobile ed investire le somme ricavate in strumenti finanziari più agili.

 

Tener conto del guadagno da rivendita: cosa dovresti sapere

 

Chi acquista un immobile al principale scopo di metterlo in vendita nuovamente, ricavandone un buon guadagno, è ovviamente attento a quanto paga adesso e a quanto incasserà in futuro. Ma anche chi compra un’abitazione per viverci dentro, o per affittarla ricavandoci un reddito, è ormai sensibile alle prospettive di rivalutazione del suo bene nel tempo, e alla prospettiva di assicurare in futuro, per sé o per i suoi eredi, un buon capital gain da rivendita.

 

Non sempre, però, si può, o si è in grado, di pianificare con attenzione quello che per molti è l’investimento più importante della propria vita. Talora non è possibile, perché l’acquisto di una casa o di un immobile per la propria professione è motivato da necessità urgenti: non è quindi possibile attendere di comprare quando i prezzi sono bassi è ci si accontenta di scegliere alla meno peggio.

 

Talora, però, prevale la pigrizia e l’approssimazione: si acquista senza farsi i conti in tasca e senza una minima valutazione del mercato, per poi trovarsi nelle peste in futuro. Questa sezione della guida del Blog di Edilnet è dedicata a chi, essendo senza esperienza, vuole approfondire un minimo le gioie e i dolori dell’investimento immobiliare, per agire il più possibile con gli occhi aperti.

 

Valutare l’andamento del mercato

 

Il mattone è una certezza. “Le case si rivalutano sempre”. “L’immobile è un bene rifugio, che mette al riparo dall’inflazione”. Ecco tre dichiarazioni molto comuni. Ma non sempre vere…

 

Tre cicli. Negli ultimi trent’anni ci sono stati infatti tre cicli immobiliari. Il primo dal 1974 al 1980, il secondo dal 1980 al 1991, il terzo, dal 1992 al 2007 e ora quello che siamo vivendo. Tutti gli anni che abbiamo elencato (1974, 1980 eccetera) sono quelli in cui le case hanno raggiunto i prezzi più alti del ciclo. Ma nei periodi intercorsi tra queste date, gli “anni in mezzo” le cose sono andate diversamente. E cioè: nel primo ciclo i prezzi sono restati fermi, o calati, per quattro anni, per poi crescere per due anni. Nel secondo ciclo i prezzi sono crollati per sette anni, poi sono lievitati e ora sono in stallo o lieve depressione.

 

Il mattone come la Borsa. Morale: le quotazioni delle case si comportano un po’ come quelle dei titoli in Borsa. Perciò chi compra un immobile quando il “ciclo” (cioè il prezzo) è basso, e lo rivende quando è alto, fa ottimi guadagni. Chi invece fa il contrario, cioè acquista quando le case costano molto, e rivende quando i prezzi sono crollati, ha tutto da perdere.

 

Seconda constatazione: questi cicli si stanno via via allungando: la crisi e poi la risalita delle quotazioni al metro quadrato durano sempre un po’ di più. Terza constatazione: alla fine di ogni ciclo i prezzi e il numero di rogiti conclusi, sono sempre più elevati di quelli raggiunti nel ciclo precedente. Cioè una casa valeva di più (anche tenuto conto dell’inflazione) nel 1991, rispetto al 1980. Stesso discorso anche per oggi: i valori di acquisto delle abitazioni non sono mai stati così elevati.

 

Quando vendere e quando comprare. Se si guarda quindi alle grandi tendenze, a livello italiano, il consiglio è insomma questo: se si è in un periodo di prezzi alti, chi ha voglia, o bisogno di vender casa, deve cominciare a darsi da fare subito (a meno che venda per re-investire il denaro un immobile più grande e costoso). Infatti la vendita di un immobile è pur sempre un affare complesso, per cui occorrono talvolta mesi di tempo. Viceversa, chi vuole comprare, ma può rimandare il momento, attenda: prima o poi le quotazioni caleranno. Anzi: più aspetta meglio è.

 

Esattamente il contrario capita in un periodo di prezzi bassi.

 

Eccezioni alle regola. Queste sono regole generali, che trovano moltissime eccezioni. Acquistare un immobile può non essere una scelta, ma una necessità. Per esempio, c’è da metter su famiglia, oppure occorre una stanza di più per i figli che crescono, o infine si è costretti a trasferirsi in un’altra città.

 

Va aggiunto che perfino in un mercato di quotazioni “ricche” l’affare può essere dietro l’angolo. Per esempio un immobile venduto a poco, da eredi che intendono liquidarlo in fretta. Oppure una casa in un quartiere che è destinato a rivalutarsi, per grandi opere urbanistiche che si faranno o per un prolungamento di una linea metropolitana. O infine un fabbricato che, trasformato, assume un valore molto più elevato. Si pensi per esempio all’alloggio vasto frazionato in mono o bilocali (più richiesti in alcune medie città, e con quotazioni al metro quadrato anche del 30% più elevate di quelle degli appartamenti grandi), a quello acquistato occupato e liberato dall’inquilino, al laboratorio trasformato nell’apprezzatissimo loft.

 

Prevedere i cicli di mercato

 

Queste le regole sull’andamento dei cicli immobiliari, valide per il passato e, probabilmente, anche per il futuro:

 

1. Sul lungo periodo, le rivalutazioni immobiliari premiano più le grandi città, rispetto agli hinterland o agli altri capoluoghi di provincia.

2. Tra esse, ve ne sono alcune leader delle rivalutazioni immobiliari (Milano, Roma, Bologna), e altre in cui la ripresa del mattone si avverte con lentezza (Torino, Genova). In queste ultime la crescita dei valori può avvenire, impetuosa, verso la fine del ciclo.

3. I valori immobiliari salgono prima al nord Italia, poi al centro e infine al sud. Quindi, alla fine del ciclo, è il Sud ad essere premiato.

4. La tenuta per lungo periodo della fase di boom è strettamente ancorata ai tassi sui mutui. Quindi, se alla fine del ciclo, essi crescono, danno “”il là”” al diminuire delle quotazioni.

5. Nel periodo di boom, nei mutui è la somma erogata a crescere (quella richiesta da ciascun mutuatario), più che il numero di mutui contratti.

6. Le rivalutazioni dei singoli quartieri, attraverso opere di largo respiro (recupero delle aree dismesse, nuove linee metropolitane) hanno un effetto marcato sulla crescita dei prezzi.

7. Via via che si sviluppa il boom le preferenze degli acquirenti passano da immobili medio-grandi a quelli più piccoli. Tutto ciò per due motivi: meno disponibilità di capitale per l’acquisto a prezzi che sono divenuti più alti e, in periodo di crisi degli investimenti finanziari, maggiori rendimenti di locazione dall’acquisto di immobili di proporzioni ridotte. Nei periodi di calma o calo sono invece i trilocali a reggere di più. I primi effetti del boom si sentono infine negli appartamenti di pregio o in quelli centrali, oltre che nelle grandi città.

 

I costi reali dell’acquisto

 

Le prospettive di rivalutazione di un immobile nel tempo non dipendono solo dall’andamento dei cicli dei prezzi: bisogna tener conto anche di quanto effettivamente pagato per l’acquisto della casa.

 

Il costo reale di un acquisto non è la somma pagata al rogito. Nel fare un calcolo economico occorre tener conto di ulteriori fattori. Ecco i principali:

 

  • Costi fiscali (imposta di registro o Iva, imposte ipotecarie e catastali, imposte di bollo), più alti se si tratta di un immobile diverso dalla prima casa;
  • Costi notarili (il notaio è indispensabile);
  • Eventuale provvigione all’agenzia immobiliare;
  • Costi di ristrutturazione della casa in cui si va ad abitare, compreso l’eventuale adeguamento degli impianti alle norme di sicurezza;
  • Costi per mutui e/o finanziamenti;
  • Immobilizzo di capitale: la somma liquida pagata per ‘acquisto e la ristrutturazione avrebbe potuto essere reinvestita e fruttare un reddito;
  • Costi per il trasloco e per le conseguenti pratiche burocratiche (cambi di residenza eccetera);
  • Costi per l’acquisto di mobilio e complementi d’arredo (da sostenere inevitabilmente anche se si va da una casa all’altra, per adattare la nuova casa);
  • Costi della doppia proprietà di immobili: anche se si vende la prima abitazione per trasferirsi in un’altra vi sarà un periodo in cui si possiedono entrambe: ciò significa, oltre a maggiori spese condominiali anche ulteriori spese fiscali (le seconde case costano più).

 

Per chi acquista per la prima volta la casa, o va in una abitazione più grande, sono da tenere in conto anche le future maggiori spese per la proprietà (Imposta comunale sugli immobili, imposta sui redditi, spese condominiali, spese di manutenzione ordinaria e soprattutto straordinaria dell’immobile).

 

Comprare per abitare: cosa devi sapere prima di…

 

L’acquisto per uso abitativo è motivato da una forte spinta psicologica: sia la prima casa che quella di villeggiatura sono come abiti, che ci si deve sentire bene addosso, adatti alle nostre particolari necessità, ai nostri gusti e ai nostri sogni. Sull’argomento, nessun consiglio ha alcuna utilità, a chi sa quel che vuole.

 

Resta pur sempre dietro l’angolo un rischio: quello di convincersi a comprare per un atto emotivo momentaneo, per poi accorgersi che la casa non è adatta, per una serie di concreti motivi, a soddisfare concreti bisogni pratici.

 

A chi vuol far funzionare insieme cuore e cervello, Edilnet offre alcune considerazioni pratiche, che non sono altro che uno stimolo a ragionare con un minimo di freddezza, prima di lanciarsi a spendere decine di migliaia di euro…

 

Prima casa

 

Gli italiani hanno un’altissima percentuale di prime case in proprietà: l’Istat calcola che ormai l’80% delle famiglie possegga un immobile residenziale. Nelle grandi città, che sono i mercati più importanti e più dinamici, la percentuale di famiglie che vivono in casa loro è molto alta: oscilla dal 50 al 55%. Sono dati che non hanno riscontro in nessun altro Paese economicamente sviluppato. Questo è successo per una serie di ragioni politiche, sociali ed economiche.

 

L’acquisto della prima casa risponde ad esigenze di base:

 

Sicurezza di utilizzo: se si sceglie di comprare lo si fa sempre perché da casa propria non si può essere cacciati via.

 

Sicurezza dell’investimento: a media-lunga scadenza finora l’investimento in mattoni non ha mai tradito nessuno in Italia dal dopoguerra ad oggi. Anzi, la ricchezza delle famiglie italiane si è creato proprio puntando sul mattone quando l’inflazione correva a due cifre.

 

Prestigio: abitare in casa propria in Italia costituisce un elemento di qualificazione sociale.

 

Necessità di trovare una soluzione abitativa più soddisfacente. Volendo tentare un elenco, incompleto, si possono segnalare:

 

1. la ricerca di una zona diversa: più comoda, o più sicura, più verde, meglio abitata, con più servizi, più vicina ai genitori o ai figli;

2. la ricerca di una via più tranquilla, anche se nella stessa zona;

3. il cambio di stabile, dal popolare al signorile, con giardino, d’epoca ecc. ;

4. il cambio di piano, di esposizione, di vista;

5. il cambio di dimensioni: una casa più grande o, sempre più di frequente, più piccola, quando i figli hanno formato a loro volta una famiglia.

 

Le linee fondamentali della strategia di ricerca si possono però riassumere in pochi punti:

 

1. Valutare bene la zona in cui cercare

2. Definire il tipo di stabile in cui si vuole abitare

3. Definire bene gli spazi necessari per la famiglia

4. Definire il budget di spesa in contanti

5. Definire il budget di spesa per il mutuo

 

Seconda casa

 

L’acquisto della seconda casa è più una scelta di qualità della vita che non economica. O meglio, quando si ritiene importante poter passare parte del proprio tempo al mare, in montagna, al lago, in campagna o in una città storica, le motivazioni non economiche in genere prevalgono, anche se la casa la si potrebbe trovare in affitto senza immobilizzare il capitale.

 

Se acquistare una prima casa non è una impresa facile data l’estrema frammentazione dell’offerta e le scarse informazioni sulla stessa, ancora più difficile è il settore turistico, dove alla frammentazione si aggiunge il fattore distanza: spostarsi dalla città di residenza alla località turistica richiede tempo e denaro e, quando si arriva in loco, si ritrovano i problemi di un mercato poco trasparente.

 

Ideale, quindi, avere un sito web che permette senza muoversi da casa di consultare un’offerta ampia e completa, di programmare una visita alla località turistica di interesse per esaminare le offerte ritenute più consone ai propri bisogni.

 

Vale la pena accertare che cosa bisognerebbe chiarire prima di avviare la ricerca.

 

1. La/le località.

2. La localizzazione idonea (vicino al mare, agli impianti, etc. ).

3. Gli spazi necessari e la tipologia (appartamento, villa, rustico, etc. ).

4. Il budget in contanti.

5. Il budget per un eventuale mutuo.

 

Comprare per investire: cosa devi sapere prima di…

 

Fondi pensione, previdenza integrativa, assicurazioni: tutti temi di grande attualità da quando è chiaro che le pensioni pubbliche non potranno offrire in futuro un trattamento di anzianità decoroso. Ma non c’è nulla di nuovo sotto il sole: per decenni chi poteva, garantiva la sua pensione integrativa e il futuro ai figli, investendo i risparmi nell’acquisto di uno o più appartamenti. Il reddito degli affitti serviva da pensione, mentre il capitale rappresentato dagli immobili era una garanzia per sé e per gli eredi.

Oggi le cose sono molto più complesse, ci si è messo il Fisco, che taglia una parte non indifferente del reddito, mentre gli oneri di gestione diventano sempre più pesanti. Inoltre, nel tempo, le case si sono rivalutate assai più che l’inflazione: notizia ottima per chi ha investito a suo tempo, meno buona per chi i soldi ce li vuole mettere oggi. La somma con cui quarant’anni fa si comprava un intero stabile in una grande città a valori attuali basta sì e no a comprare un paio di bilocali dello stesso stabile.

 

Comprare per investire per poi affittare

 

L’investimento immobiliare di una famiglia italiana può avvenire acquistando abitazioni adatte a prima casa, abitazioni turistiche, box e, più raramente, uffici, negozi, etc. Il settore residenziale è quello di gran lunga più importante, e su questo soprattutto ci soffermeremo.

 

L’investitore punta a ottenere entrambe le componenti tipiche di un’operazione finanziaria: reddito immediato e capital gain. Questo secondo aspetto è stato particolarmente positivo negli anni ’70 e ’80, quando i proprietari hanno potuto incassare un notevole guadagno, almeno nominale, in conseguenza dell’inflazione che ha fatto aumentare notevolmente il prezzo degli immobili. Anche negli ultimi anni si è assistito a un rinnovato boom dei valori, complice la debolezza della Borsa.

 

Volendo indicare le strategie verso cui indirizzare la ricerca di immobili da reddito potremmo indicare, in ordine di importanza:

 

1. Cercare una casa occupata, per il vantaggio del prezzo scontato, che dà certezza di capital gain finale (cioè di guadagno da rivendita);

2. Valutare localizzazione e tipologia in funzione della facilità di trovare inquilini (vicino all’Università, alle fermate metropolitane, unità di piccole dimensioni);

3. Puntare su box e posti auto, perché richiedono investimenti minori e si possono locare in assoluta libertà non solo di canone ma anche di durata. L’offerta di questo prodotto è però andata espandendosi notevolmente con la realizzazione di complessi sotto vie e piazze, con box in concessione che talora non è possibile rivendere liberamente slegati dall’appartamento. La sovrabbondanza di disponibilità potrebbe creare anche una contrazione dei canoni e il capital gain da rivendita non può essere sempre garantito.

 

Più importante è l’acquisto fatto non solo per investimento ( il caso tipico è l’acquisto di un alloggio affittato ad un prezzo inferiore del libero di una percentuale intorno al 20%), ma con l’obiettivo vero di dare una casa al proprio figlio (dopo 5/10/15 anni). Si raggiungono così più scopi: un reddito sufficiente, un possibile capital gain, la sicurezza di una casa per il figlio, quando questi ne avrà bisogno. E’ vero: i tempi degli sfratti sono lunghi, ma comunque non infiniti.

 

Comprare per investire nel non residenziale

 

Gli investitori istituzionali quando si tratta di operare sugli immobili scelgono immancabilmente uffici, negozi e capannoni. Se selezionati con oculatezza possono rendere di più delle case e, soprattutto, creano molto meno rischio di liti con l’inquilino. Tanto più che immobili ad ufficio, un tempo più quotati sul mercato, ora hanno gli stessi prezzi di quelli abitativi, anzi forse quotazioni inferiori, se si tiene conto che sono spesso situati ai piani bassi dei palazzi. Perché il piccolo risparmiatore non dovrebbe fare lo stesso?

 

La risposta è molto semplice: perché le assicurazioni, i fondi pensione e i fondi immobiliari non comprano il singolo negozio o il singolo ufficio, ma acquistano in blocco un centro commerciale o un centro logistico o un palazzo di uffici effettuando economie di scala che su una sola unità immobiliare non si possono conseguire.

 

Bisogna mettere in conto il rischio di sfitto molto elevato, a meno che gli uffici non siano siti in zone centralissime e i negozi in arterie commerciali: ma in questo caso bisogna essere pronti a sborsare centinaia di milioni. Infine la durata minima di contratti di locazione per uffici e negozi è di ben 12 anni.

 

Molto più facile l’investimento in parcheggi. Oltre al discreto rendimento ricavabile, va messa in rilievo l’estrema flessibilità dei contratti, per i quali non c’è nessun vincolo né di durata né di canone. L’unico rischio presentato da questi immobili sta nel fatto che la domanda è limitata a chi abita in vicinanza; se nel giro di qualche centinaio di metri sorgono nuovi parcheggi aumentano le difficoltà a trovare inquilini e si devono diminuire le proprie pretese.

 

Comprare per investire: il mattone di carta

 

Chi crede nel mattone come bene di investimento e non ha bisogno di comprare per uso diretto non deve necessariamente comprare immobili. Può comprare titoli finanziari legati al mercato immobiliare; se questo registra aumenti, anche i titoli ne trarranno beneficio.

 

Ci sono tre possibilità:

 

1. comprare azioni di società immobiliari quotate;

2. comprare quote di fondi che investono nelle società immobiliari;

3. comprare quote di fondi immobiliari.

 

La terza strada è stata da poco introdotta in Italia e ha riscosso a suo tempo un certo interesse da parte dei risparmiatori. Tuttavia, ai positivi risultati certificati dalle società di valutazione, non ha corrisposto una valorizzazione delle quote dei fondi immobiliari, penalizzate rispetto al valore di collocamento. . Del resto, tutti gli investimenti in fondi hanno fatto, chi più, chi meno, analoghe performance.

 

Tuttavia, il futuro farebbe ben sperare, dato che i fondi immobiliari italiani sono sottodimensionati rispetto a quelli del resto dei Paesi industrializzati e dal momento che sono previste nuove detassazioni.

 

I fondi immobiliari hanno l’obbligo di investire il 90% delle somme che raccolgono nell’acquisizione e gestione di immobili. Investono solo in strutture non residenziali (uffici, centri commerciali, logistica) e devono indicare il rendimento minimo che intendono raggiungere. Il guadagno dell’investitore è dato da dividendi annui (di norma, i primi vengono distribuiti al terzo anno) e dal capital gain che si realizzerà alla fine della vita del fondo (che dura da 12 a 15 anni).

 

Con la ultima manovra fiscale sono state decise importanti detassazioni per chi possiede quote di Fondi immobiliari: perciò d’ora in poi chi investe in un fondo immobiliare è trattato fiscalmente in modo analogo a chi investe in fondi azionari, obbligazionari o monetari.

 

Comprare per investire: le cose da fare

 

Le cose da fare:

 

· Tener conto che per la vendita occorrono minimo tre mesi di tempo: non far conto di incassare denaro prima;

· Informarsi, prima di acquistare, sui costi fiscali e condominiali che in futuro occorrerà accollarsi (manutenzioni straordinarie comprese);

· Acquistare in una zona con prospettive di rivalutazione per futuri collegamenti veloci ai trasporti o per grandi programmi urbanistici in via di definizione.

 

Le cose da non fare

 

· Non tener conto, per valutare il guadagno da rivendita, delle spese affrontate per l’acquisto (notaio, agente immobiliare, ristrutturazione);

· Acquistare in un momento in cui i valori immobiliari sono assai elevati: meglio attendere, a meno che sia certi di quel che si fa;

· Acquistare una casa molto grande per investimento, invece che due appartamenti piccoli;

· Fidarsi troppo degli attuali tassi bassi sui mutui, non tenendo conto di futuri rialzi degli interessi.

 

Comprare per investire: la nuda proprietà

 

Negli anni Ottanta si era molto diffuso in Italia il sistema dell’acquisto di abitazione in nuda proprietà, lasciando al possessore originario l’usufrutto. Oggi l’interesse per questa forma di compravendita immobiliare è minore, ma vale comunque la pena di accennarne.

 

La distinzione tra titolo di proprietà di una cosa e diritto al suo uso era già presente nel diritto romano. Nel codice civile italiano l’usufrutto è regolato dagli articoli 978 e seguenti. In buona sostanza chi compra lascia, in cambio di un robusto sconto sul prezzo di acquisto, l’immobile nella disponibilità di chi lo vende, per un certo numero di anni o (caso più frequente) per tutta la vita del venditore.

 

Il pagamento può consistere, anziché nel versamento di contanti, nel riconoscere al venditore una rendita vitalizia. Allo scadere dell’usufrutto l’immobile passa nella completa disponibilità di chi lo ha acquistato, e che quindi può realizzare un capital gain duplice: il primo, aleatorio, derivante dalla rivalutazione del valore dell’immobile, il secondo, più certo, rappresentato dallo sconto con cui si è comprato.

 

Le spese di manutenzione dell’immobile sono suddivise come nei contratti di locazione: al nudo proprietario tocca la manutenzione straordinaria, con il diritto di avere dall’usufruttuario un indennizzo annuo pari all’interesse legale sui costi sostenuti, all’usufruttuario toccano le spese ordinarie. Le spese fiscali (Irpef e Ici) invece sono sempre a carico dell’usufruttuario.

 

L’acquisto della nuda proprietà presenta un notevole vantaggio fiscale: infatti si paga solo una percentuale dell’imposta di registro. Questa percentuale dipende dall’età di chi mantiene l’usufrutto; più questi è giovane, più, come mostriamo nella tabella, è alta la percentuale di valore che il Fisco riconosce all’usufrutto. Se, ad esempio, il venditore ha 65 anni, per il Fisco l’usufrutto vale il 48% dell’intero possesso, e quindi è come se l’acquirente stesse comprando solo il 52% dell’immobile, pagando imposte di conseguenza. La tabella forse vi chiarirà le idee.

 

Tabella dei Valori

Età usufruttuario | Coefficiente | Valore usufrutto | Valore nuda proprietà

da 0 a 20
31,75%
95,25%
4,75%
da 21 a 30
30,00%
90,00%
10,00%
da 31 a 40
28,25%
84,75%
15,25%
da 41 a 45
26,50%
79,50%
20,50%
da 46 a 50
24,75%
74,25%
25,75%
da 51 a 53
23,00%
69,00%
31,00%

 

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