Autorizzazione scarico acque reflue: quali requisiti e come richiederla?

L’autorizzazione dello scarico delle acque reflue è un tipo di permesso fondamentale per le attività industriali ma anche per alcune tipologie di abitazioni civili. La normativa è piuttosto complessa, motivo per cui troverai utile questa guida.

 

Moderno impianto industriale per il trattamento delle acque reflue.

 

Il permesso di scarico delle acque reflue ha lo scopo di preservare ecosistemi e integrità delle reti. Infatti, viene rilasciata previo il possesso di determinati requisiti. Certo, esistono casi di esoneri, e non sono pochi. Ma procediamo con ordine, elaborando definizioni preliminari, parlando di requisiti, obblighi e procedure.

 

Cosa sono le acque reflue?

 

Partiamo da una nota di contesto, ovvero da una definizione di acque reflue. Si definiscono acque reflue qualsiasi tipo di acqua contaminata da attività umane. Esse si distinguono, come vedremo più avanti, in acque reflue domestiche, industriali e meteoriche.

 

Sono “acque” che, se non trattate correttamente, possono compromettere la qualità delle risorse idriche e dell’ambiente circostante. Di qui, la necessità di autorizzare e monitorare gli scarichi. Tale autorizzazione è in alcuni casi “automatica”, ma solo perché rilasciata a monte. In altri casi è invece a cura del committente.

 

Qual è la classificazione delle acque reflue?

 

Prima di parlare delle normative, ovvero dei requisiti da rispettare e dei casi di esonero/obbligatorietà, è bene presentare la classificazione dei reflui industriali e no, così come viene disciplinata dalla normativa medesima.

 

Acque reflue domestiche

 

Sono le più comuni e riguardano gli scarichi di acqua proveniente da usi civili, come i servizi igienici, le cucine e le lavanderie. Tipicamente, questi scarichi confluiscono nella rete fognaria pubblica e, in molti casi, non richiedono autorizzazioni particolari, a meno che non si tratti di abitazioni isolate non collegate alla rete fognaria.

 

Acque reflue industriali

 

Sono generate da cicli produttivi e possono contenere sostanze chimiche, metalli pesanti, solventi, oli e altre sostanze inquinanti. Per questo motivo, sono soggette a un regime autorizzativo molto più stringente. In base al livello di pericolosità e alla destinazione dello scarico (in fognatura, suolo, sottosuolo o corpi idrici superficiali), cambiano anche gli enti di riferimento e i requisiti tecnici.

 

Acque meteoriche di dilavamento

 

Un’altra categoria da considerare è quella delle acque piovane che si caricano di inquinanti quando scorrono su superfici industriali, strade, tetti, ecc. Queste, in determinati casi, sono assimilate a reflui industriali e, quindi, soggette a regole simili.

 

Quanto costa l’autorizzazione per lo scarico delle acque reflue e a chi chiedere?

 

Il permesso per lo scarico delle acque nere va richiesto agli enti competenti, in base alla natura e alla provenienza dello scarico.

 

  • Richiesta al Comune: questo caso riguarda gli scarichi di abitazioni civili che non possono usufruire dell’esonero. Si tratta di un caso piuttosto raro.

 

  • Richiesta alla Provincia: è relativo agli scarichi industriali nel suolo o in corpi idrici superficiali di minore importanza per l’ecosistema. Per inciso, con l’espressione “corpo idrico superficiale” si intendono specchi d’acqua e bacini idrici come fiumi, laghi, affluenti, stagni etc.

 

  • Richiesta alla Regione: riguarda gli scarichi industriali in corpi idrici superficiali di importanza cruciale, come grandi fiumi e laghi.

 

La domanda per l’autorizzazione deve essere corredata con una relazione tecnica. Essa deve riportare:

 

  • Parametri chimico-fisici delle acque reflue;

 

  • Il sistema di trattamento adottato (se presente);

 

  • La portata dello scarico;

 

  • Le caratteristiche delle infrastrutture di scarico.

 

Un aspetto importante da sottolineare è che la normativa non disciplina i costi per l’autorizzazione dello scarico acque reflue, che sono definiti a livello locale (e quindi potenzialmente variabili). Ovviamente, l’autorizzazione è vincolata al pagamento di alcuni diritti di segreterie e di alcune tasse. Esse variano da zona a zona ma, nel complesso, si attestano sulle centinaia di euro.

 

Si evince dunque la necessità di farsi seguire da un tecnico di zona esperto in consulenza ambientale, il quale analizzi lo scarico (o lo progetti), rediga la relazione tecnica e se possibile curi la domanda.

 

Il costo della pratica può essere elevato, ma la possibilità di risparmiare c’è senza rinunciare a un servizio di qualità e conforme. Come fare? Il primo passo è raccogliere diverse offerte e confrontarle per individuare nel novero l’offerta con il miglior rapporto qualità prezzo.

 

Il consiglio è di fare riferimento ai portali di richiesta preventivi online, che sono progettati per facilitare l’analisi comparata. Come Edilnet.it che con un clic ti permette di contattare gli specialisti di permessi per trattamento e scarico acque e reflue: a stretto giro otterrai gratis le loro proposte da confrontare senza impegno.

 

Quando serve l’autorizzazione per lo scarico delle acque nere e quanto dura?

 

Uno dei punti salienti della normativa consiste nella disciplina dei casi di obbligatorietà ed esonero. Partiamo da questi ultimi, poiché inferiori in numero rispetto ai casi di obbligatorietà.

 

Sono esonerati dall’autorizzazione dello scarico acque reflue:

 

  • Gli scarichi conformi al regolamento del Soggetto Gestore del Servizio Idrico Integrato che rientrano in una gestione già controllata. In un certo senso, è come se fossero autorizzati a monte.

 

  • Gli scarichi di acque reflue non contaminati, come quelli provenienti da impianti di condizionamento o da circuiti idraulici chiusi (salvo che abbiano una quantità rilevante o una qualità potenzialmente inquinante).

 

Per tutti gli altri casi (in genere relativi ad attività industriali o commerciali), l’autorizzazione dello scarico delle acque nere è vincolata ad alcuni aspetti.

 

  • Aspetti quantitativi: è necessario specificare la portata dello scarico, ossia la quantità di acque reflue scaricate in un determinato periodo di tempo. Questo parametro è fondamentale per verificare la compatibilità con la rete di destinazione.

 

  • Aspetti qualitativi: ovvero, i parametri chimico-fisici dell’acqua scaricata, per esempio il pH, la presenza di sostanze inquinanti, la temperatura, il contenuto di oli, detergenti, metalli pesanti. Questi dati devono rispettare dei limiti specifici, stabiliti dalla legge o dai regolamenti regionali.

 

Per inciso, la normativa di riferimento è il Decreto Legislativo n. 152 del 2006. Tra le altre cose, esso disciplina anche la durata dell’autorizzazione per lo scarico dei reflui, che è pari a quattro anni. Il rinnovo mira a dimostrare che niente è cambiato rispetto alla prima autorizzazione, ma va richiesto un anno prima della scadenza.

 

Infografica riassuntiva su come funziona autorizzazione permesso di scarico acque reflue

 

Richiedi un preventivo online! (✔ gratis e senza registrazione)

Iscriviti e Resta Aggiornato
Notificami
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments