Come recedere dal contratto di appalto e in quali casi è possibile farlo?

Come recedere dal contratto di appalto e in quali casi è possibile farlo?
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Il recesso del contratto o la sua risoluzione sono possibilità concrete e percorribili per il committente che può scegliere in base alla situazione contingente. Ma sono azioni “estreme” che possono essere prevenute seguendo qualche pratico consiglio.

 

Come recedere dal contratto di appalto e in quali casi è possibile farlo?

 

Recesso e risoluzione del contratto di appalto vengono spesso considerati come sinonimi. In realtà, sono “istituti” giuridici molto diversi tra di loro, che producono effetti altrettanto diversi e sono regolati da tempistiche specifiche.

 

Ne parliamo qui, presentando le differenze e fornendo informazioni di carattere legale e procedurale.

 

Qual è la differenza tra recesso e risoluzione del contratto di appalto?

 

Tanto il recesso che la risoluzione del contratto d’appalto permettono di interrompere gli effetti del documento medesimo e di conseguenza i rapporti tra committente e impresa. Nella maggior parte dei casi, ci si affida a questi due “istituti” nei casi più estremi.

 

Per esempio, quando si verifica un grave inadempimento da parte dell’impresa, tale da giudicare il suo contributo non solo inutile ma persino dannoso.

 

Un altro caso consiste nell’impossibilità, per il committente, di sostenere dal punto di vista economico l’intervento dell’impresa.

 

Ma in cosa consistono nello specifico il recesso e la risoluzione? Lo spieghiamo con una sintetica definizione:

 

  • Recesso: interruzione unilaterale del contratto senza una motivazione esplicita, o per lo meno significativa dal punto di vista legale.

 

  • Risoluzione: interruzione unilaterale del contratto motivata da una grave mancanza ad opera della controparte.

 

In quali situazioni è possibile risolvere e/o recedere un appalto?

 

I due istituti sono molto diversi poiché diversi sono i presupposti che li giustificano, le condizioni che li rendono possibile e gli effetti legali che producono.

 

Per esempio, il recesso del contratto può essere effettuato sempre e comunque. La risoluzione del contratto, invece, può essere effettuata solo se si verificano fatti gravi, tali da giustificare l’interruzione dei rapporti tra committente e impresa. Il riferimento è ai ritardi nei lavori edili, agli scostamenti sostanziali dal progetto e all’esecuzione dei lavori imperfetta.

 

Quali sono le conseguenze legali della risoluzione di un contratto di appalto?

 

I due istituti producono effetti legali ben differenziati. Al recesso del contratto deve seguire il pagamento di un indennizzo ad opera del committente e a beneficio dell’impresa.

 

Questo indennizzo deve tenere conto dei lavori eseguiti e non ancora pagati, dei materiali utilizzati, dei mancati utili generati. Quello dei mancati utili è un tema controverso in quanto il dato si rivela spesso soggettivo e suscettibile di fattori aleatori, come i costi fissi e variabili che l’impresa edile deve sostenere in base alla sua attività.

 

Qualora non vi sia accordo, su questo punto, tra committente e imprese sarà il giudice a stabilire la cifra corrispondente (secondo il metodo equitativo).

 

Cosa succede invece al momento della risoluzione? Il committente che risolve il contratto deve chiedere un risarcimento. Tale richiesta può pervenire tramite citazione in giudizio, piuttosto che mediante richiesta di mediazione extragiudiziale.

 

Qualora rinunciasse a questo diritto-dovere, la risoluzione si trasformerebbe in recesso e si troverebbe a dover pagare un indennizzo.

 

La risoluzione, in ragione della richiesta di risarcimento, è considerato un istituto con effetto retroattivo. De facto, annulla le disposizioni del contratto stesso.

 

Quali sono le clausole di risoluzione da includere nei contratti di appalto?

 

La risoluzione impone il ricorso alle vie legali. Queste sono quasi sempre tortuose, ma possono essere rese più dolci e confortevoli mediante una intelligente elaborazione del contratto.

 

In particolare, occorre inserire alcune clausole:

 

  • Clausola risolutiva espressa: specifica con precisione gli eventi o le inadempienze che consentono la risoluzione automatica del contratto. Ad esempio, il mancato rispetto del progetto o il mancato rispetto di scadenze critiche.

 

  • Termini stringenti: definisce termini e scadenze precise per l’adempimento delle obbligazioni, stabilendo che anche un ritardo minimo costituisca inadempimento grave.

 

  • Procedura di risoluzione semplificata: il riferimento è all’elaborazione di una procedura chiara e snella per notificare la risoluzione, specificando i tempi e le modalità di comunicazione (ad esempio, via PEC o raccomandata A/R).

 

Come si fa la risoluzione o il recesso di un contratto di appalto?

 

Il recesso può essere comunicato anche verbalmente, purché tale comunicazione venga effettuata con un preavviso di venti giorni. Stesso discorso per la risoluzione, al netto del ricorso alle vie legali, che produce sempre effetti formali (es. citazione in giudizio).

 

In ogni caso, è sempre bene procedere per iscritto e quindi inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno, magari senza busta per evitare che il destinatario neghi il suo contenuto.

 

Il recesso dal contratto di appalto e la sua risoluzione sono due istituti ben normati e a cui ci si affida spesso, ma non rappresentano certo l’esito migliore possibile.

 

Anzi, vale sempre la pena ricomporre il rapporto tra committente e impresa, cercare di riportare questi ultimi sui binari prestabiliti. Come? Un’idea consiste nella spedizione della lettera di diffida ad adempiere.

 

Questa lettera assomiglia a una lettera di messa in mora. Infatti, stabilisce una scadenza e minaccia il ricorso alle vie legali. Tuttavia, non sollecita un pagamento ma il rispetto degli accordi, il compimento delle azioni stabilite dal contratto.

 

La lettera di diffida ad adempiere dovrebbe contenere riferimenti al contratto e un riepilogo delle manchevolezze dell’impresa. Dovrebbe essere inoltre spedita via raccomandata con ricevuta di ritorno, oppure tramite PEC.

 

Prevenire è meglio che curare: scegliere bene l’impresa edile

 

Trovarsi a dover risolvere o, peggio ancora, recedere un contratto di appalto è un’evenienza che va evitata a ogni costo. L’unico modo per farlo è scegliere bene la ditta edile.

 

Una buona impresa, infatti, difficilmente si metterà nella condizione di deludere il committente, di spingerlo verso l’interruzione del rapporto.

 

Come scegliere una buona impresa? I feedback dei clienti precedenti rappresentano una risorsa, ma devono essere recensioni affidabili e veritiere.

 

Stesso discorso per l’interlocuzione diretta: in teoria permette di indagare sulle competenze dell’impresa, nella pratica risulta molto difficile, almeno per i profani del mestiere.

 

Tanto vale, dunque, affidarsi a chi una scrematura l’ha già compiuta. Come ad esempio, i portali specializzati come Edilnet.it, che pubblica soltanto opinioni verificate di clienti che hanno già testato il servizio e che seleziona le migliori imprese edili operanti su tutto il territorio nazionale.

 

Il servizio è gratuito e permette di ottenere preventivi online da diverse aziende specializzate di zona: diverse offerte competitive, non impegnative e facili da confrontare per individuare quella più conveniente.

 

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