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È vero che i trulli di Alberobello sono smontabili? Quella che può sembrare una leggenda, in realtà altro non è che una tecnica antichissima. E questa storia di ristrutturazione dimostra come vanno a braccetto innovazione e tradizione.
Perché i trulli sono smontabili ma solidi?
I trulli di Alberobello e della Valle d’Itria, come altri edifici rurali della nostra tradizione, sono una macchina di pietra progettata per durare e, all’occorrenza, per essere rimaneggiata. L’elemento chiave è la tecnica a secco: niente malta, solo blocchi calcarei posati con geometria precisa.
La base è affidata a muri spessi, spesso a doppia parete con riempimento di pietrame; sopra cresce una pseudo cupola formata da anelli concentrici che si stringono fino al pinnacolo. All’esterno, le chiancarelle – sottili lastre di calcare – si sovrappongono come scaglie, favorendo lo scorrimento dell’acqua e proteggendo il corpo del cono.
In assenza di leganti rigidi da rompere, entrano in gioco peso, attrito e incastri. Questo rende l’architettura “reversibile”: uno strato può essere smontato, controllato, reintegrato e rimontato senza stravolgere l’insieme.
Da qui nasce anche la famosa leggenda fiscale del Regno di Napoli: case apparentemente “temporanee” per sfuggire alle imposte sulle costruzioni permanenti. Mito o memoria che sia, regge perché è appoggiato a un fatto tecnico indiscutibile: senza malta, l’edificio è più facilmente ispezionabile e riparabile.
La verità quotidiana, però, è meno teatrale e più agricola: i trulli erano case-laboratorio per vivere, lavorare, raccogliere acqua in cisterna, con piccoli soppalchi e spazi funzionali, pensati per la durata nel tempo.
Come si smonta un trullo senza alterarne l’originalità
Nel restauro il principio è conservare la logica originaria, intervenendo per “punti” e per “strati”. La tecnica regina è lo “scuci e cuci”: si smonta la porzione ammalorata del cono e la si ricostruisce pezzo per pezzo, riutilizzando le stesse chianche o lavorandole a mano quando serve. Il materiale di risulta (sempre pietra) torna utile come riempimento tra le lastre, contribuendo anche all’isolamento termico.
Talvolta è necessario rimuovere parte del riempimento interno per ricreare una piccola camera d’aria tra le pietre di candela (interne) e la chiancatura esterna: un accorgimento che migliora traspirazione e comfort senza toccare proporzioni e profilo.
Per la copertura, la sequenza è rigorosa: si smontano le chiancarelle per verificare lo stato del cono, si preparano e si riposizionano iniziando dalla base, in anelli orizzontali concentrici, incastrando ogni pezzo tra i laterali con una lieve inclinazione per far defluire l’acqua.
A conclusione, si intonaca (dove previsto dall’originale) la base del pinnacolo e si fissa l’elemento sommitale. Le sagome tradizionali variano (tonde, composte da disco e sfera, talvolta a stella), ma la regola d’oro è una: non “spogliare” mai del tutto il cono.
Un “glass cube” nel trullo: esempio di una ristrutturazione di design
Un recente intervento di ristrutturazione di un trullo nella campagna ostunese racconta come tradizione e linguaggio contemporaneo possano convivere senza strappi. L’idea è mettere al centro il territorio: uso quasi esclusivo di materiali locali, maestranze del posto e un disegno che fa scorrere interni ed esterni come un unico paesaggio abitato.
L’ispirazione ai principi del Bauhaus (incontro fra arte, artigianato e tecnica) diventa metodo: il progetto nasce dal dialogo continuo tra progettista e imprese, in una filiera corta della conoscenza.
La scelta “coraggiosa” è la creazione di un volume completamente vetrato, un glass cube essenziale e lineare, che recupera uno spazio agricolo dismesso trasformandolo in una generosa zona living. Le partizioni in cemento armato, ruotate tra loro, sono chiuse da pareti vetrate verticali e orizzontali; il pavimento in finitura nuvolata si inserisce con discrezione, lasciando che sia la natura a prendersi la scena.
Il cubo abbraccia un ulivo secolare, autentica scultura vivente, e si connette ai trulli attraverso muri in pietra naturale che accompagnano percorsi e passaggi, dal giorno alla notte, dal living alla zona notte. Gli arredi su misura, realizzati da artigiani locali e con materiali del territorio, completano un’atmosfera sospesa, quasi arcaica, che nelle camere e nei bagni mantiene intatto il carattere rupestre dei trulli.