14 Marzo 2025
Blog.Edilnet.it »» EdilNet News - Le notizie del giorno »» Sanatoria Salva Casa già arenata? Il motivo è assurdo
Sanatoria Salva Casa quali sono le cause per le quali dopo quasi un anno non decolla?

Nelle intenzioni avrebbe dovuto facilitare le piccole sanatorie edilizi e mettere sul mercato nuove categorie di immobili. Nei fatti però, il decreto Salva Casa è bloccato e il principale motivo è davvero un paradosso all’italiana. Ecco cosa sta succedendo.

 

Il decreto c’è sulla carta, ma mancano i moduli

 

Varato nel maggio 2024 con l’intento di facilitare la sanatoria delle piccole difformità edilizie, il decreto Salva Casa si è rivelato meno efficace del previsto. Nonostante l’aggiornamento di gennaio 2025, la misura continua a generare dubbi tra tecnici e professionisti, i quali si trovano di fronte a procedure poco chiare e ostacoli amministrativi.

 

Uno dei paradossi più emblematici è l’assenza di moduli unificati e standardizzati per le richieste di sanatoria (Scia, Scia in sanatoria, Cila, Permesso di costruire). Il motivo? Dopo nove mesi dall’entrata in vigore, la Conferenza unificata non ha ancora fornito i moduli aggiornati, bloccando di fatto l’applicazione delle nuove norme. Senza questi documenti essenziali, le piattaforme telematiche non funzionano correttamente e Regioni e Comuni improvvisano con moduli propri.

 

Il risultato? Un labirinto burocratico in cui ogni amministrazione stabilisce regole diverse, rendendo impossibile una gestione uniforme delle pratiche. I tecnici, già restii ad assumersi responsabilità legali per asseverazioni basate su normative fumose, preferiscono non inoltrare richieste. Il Salva Casa, dunque, esiste sulla carta ma non nella realtà operativa.

 

Anche gli ostacoli giuridici frenano la sanatoria edilizia

 

Come se la mancanza di moduli uniformi non bastasse, anche i tribunali stanno dando del filo da torcere. Uno dei punti chiave del decreto stabilisce che lo stato legittimo di un immobile possa essere determinato sulla base del titolo edilizio più recente, purché contenga i riferimenti ai titoli precedenti.

 

Tuttavia, il Tar della Lombardia ha messo in discussione questo principio, stabilendo che gli uffici comunali devono verificare concretamente tutti i titoli pregressi, non limitarsi a prenderli per buoni. Questo significa che, di fatto, la semplificazione promessa dal decreto viene vanificata dalla prassi amministrativa e dall’interpretazione restrittiva dei tribunali.

 

Ulteriore elemento di criticità è la questione delle sanatorie nelle aree vincolate. Il decreto consente di ottenere un’autorizzazione paesaggistica postuma per regolarizzare abusi edilizi, superando il Codice dei beni culturali. Ma le Sovrintendenze, diffidenti, preferiscono non esprimersi nel merito, adottando la strategia del silenzio-assenso dopo 90 giorni.

 

Come se tutto ciò non bastasse anche le Regioni hanno già dimostrato di non voler accettare passivamente le direttive nazionali. In Sardegna, ad esempio, sono stati posti limiti all’applicazione del decreto, impedendo la riduzione delle altezze minime dei soffitti e lo sviluppo di micro-appartamenti da 20 metri quadrati.

 

La riscrittura del Testo Unico è davvero la soluzione al caos sulla sanatoria?

 

Alla luce di queste difficoltà, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini sembra pronto a rilanciare con un intervento ancora più radicale: la riscrittura totale del Testo Unico sull’Edilizia del 2001.

 

L’obiettivo sarebbe quello di chiarire una volta per tutte le procedure edilizie con alcuni passaggi:

 

  • ridefinire i titoli abilitativi;

 

  • stabilire una normativa chiara sulle difformità edilizie;

 

  • introdurre il fascicolo del fabbricato.

 

Il punto interrogativo comunque rimane: basterà questa revisione per sbloccare la situazione? O ci si troverà di fronte all’ennesimo tentativo di riforma destinato a franare sotto i colpi di un modus operandi del “fare e disfare” che caratterizza in modo trasversale la politica italiana?

 

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