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Un direttore dei lavori sotto accusa, ma la Corte di cassazione ribalta tutto. Il caso dell’architetto di Venezia – incaricato di supervisionare la realizzazione di una villa nel Comune di Zevio – fa scuola. Ecco quando la colpa è dell’impresa o del committente.
Come stanno le cose in merito alle responsabilità nei lavori edili?
Nell’immaginario comune, la responsabilità dei lavori edili è in capo al direttore dei lavori: il controllore assoluto del cantiere, colui che deve anticipare ogni rischio e vigilare su tutto. Ma questa narrazione sta iniziando a mostrare crepe, soprattutto alla luce della recente sentenza della Corte di cassazione n. 18765/2025.
Con il deposito del provvedimento il 10 luglio, la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato da un architetto – direttore dei lavori in un appalto edile a Venezia – a cui erano stati addebitati tutti i vizi riscontrati nell’opera realizzata. Secondo i giudici d’appello, la responsabilità doveva ricadere su di lui, in solido con le imprese esecutrici, senza nemmeno analizzare la natura specifica dei singoli difetti.
La Cassazione ha detto no: il direttore dei lavori non è un parafulmine giuridico. Ha il compito di vigilare affinché l’opera venga realizzata secondo progetto e capitolato, ma non è responsabile per errori derivanti da decisioni autonome dell’appaltatore o da scelte errate del committente.
Limiti e verità sulla vigilanza tecnica sulla responsabilità per i lavori edili
La sentenza smonta una consuetudine pericolosa, e spesso giuridicamente scorretta: quella di scaricare sul direttore dei lavori qualsiasi problema emergente nel post-cantiere. La Corte sottolinea invece un principio essenziale: ogni vizio va valutato in modo autonomo, in relazione alla sua origine tecnica e decisionale.
Ecco i punti su cui la Cassazione ha fatto chiarezza:
- Le lavorazioni non previste nel progetto o nel capitolato non sono responsabilità del direttore dei lavori.
- I difetti esecutivi di dettaglio, legati a scelte operative dell’impresa, non ricadono sul tecnico che supervisiona.
- Le modifiche richieste dal committente, se in contrasto con le normative, escludono la responsabilità del direttore.
- L’assenza di una “diligenza massima” generica non può fondare una condanna.
In altre parole, il direttore dei lavori risponde solo se viene dimostrato – caso per caso – che ha omesso un controllo che rientrava nel suo ruolo tecnico e nei limiti dell’incarico. Il resto è responsabilità dell’impresa o del committente.
Cosa cambia ora per professionisti, imprese e committenti?
La sentenza n. 18765/2025 è destinata a fare giurisprudenza in merito alla responsabilità nei lavori edili. Per i professionisti tecnici, rappresenta una tutela importante. Per le imprese, è un invito a non nascondersi dietro l’alibi della direzione lavori.
E per i committenti, un campanello d’allarme: decidere in autonomia sul cantiere può costare caro, anche se il direttore non si oppone formalmente.
A livello pratico, il messaggio della Cassazione è limpido: le responsabilità devono essere circoscritte, documentate e attribuite con rigore. Le sentenze che puniscono il direttore dei lavori “per riflesso” non reggeranno più. Ogni difetto dovrà essere messo sotto la lente, per capirne davvero la genesi.
Questo nuovo orientamento potrà incidere profondamente nella contestazione dei lavori edili e nei contenziosi futuri. Meno automatismi, più analisi. Meno colpe attribuite per ruolo, più responsabilità ancorate ai fatti. Il che, nel mondo dell’edilizia italiana, potrebbe davvero cambiare molte cose.