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Emergenza casa a Torino, la campagna “Vuoti a rendere” scatena le ire dei proprietari pubblici e privati. Polemica sulla conta degli appartamenti vuoti nel capoluogo.
Cos’è la campagna “Vuoti a rendere”?
La campagna “Vuoti a rendere”, promossa da circa una cinquantina di associazioni torinesi, si propone di restituire alla comunità le case vuote a Torino, sia pubbliche che private. L’obiettivo è incrementare la disponibilità di alloggi per le famiglie e le persone in attesa di una soluzione abitativa, non necessariamente legata all’edilizia popolare.
Rocco Albanese, giurista e attivista, spiega che il diritto alla proprietà e il diritto all’abitare devono coesistere. Il progetto dovrebbe far fronte all’emergenza casa a Torino e si basa su un iter in tre fasi dettagliato in una delibera presentata al Comune di Torino:
- Censimento: il Comune dovrà individuare le proprietà abbandonate da almeno due anni, siano esse pubbliche o appartenenti a grandi proprietari privati (con almeno cinque unità immobiliari).
- Diffida: i proprietari identificati saranno contattati per spiegare la situazione e trovare soluzioni per rimettere gli immobili a disposizione della collettività.
- Sanzioni: in caso di mancata collaborazione, si prevedono aumenti delle tasse comunali, multe proporzionate alla dimensione dell’immobile o, in casi estremi, la requisizione dell’abitazione.
In particolare, l’analisi su quante case vuote ci sono a Torino interessa i proprietari che proprio sulle cifre tirate in ballo hanno molto da ridire.
Quante case vuote ci sono a Torino?
La questione centrale è il numero effettivo di case vuote a Torino. Le stime variano significativamente: il Comune di Torino parla di circa 22.000 unità, mentre la Fondazione don Mario Operti suggerisce che il dato reale potrebbe superare le 78.000.
Le associazioni dei proprietari contestano questi numeri, sostenendo che mancano basi oggettive per una stima precisa e sottolineano che i numeri non raccontano le motivazioni contingenti per le quali un immobile viene lasciato sfitto. Per esempio, tra questi alloggi vuoti ci sono immobili in vendita, seconde case comprate per affittare e in stallo a causa di inquilini morosi. Basti pensare che nel 2023, a Torino sono stati emessi 1.380 sfratti, di cui l’88% per morosità.
Vuoti a rendere o vuoti a prendere? I proprietari sul piede di guerra
L’iniziativa ha generato reazioni accese, specialmente da parte delle associazioni dei proprietari immobiliari. In una lettera aperta dal titolo provocatorio “Vuoti a rendere o vuoti a prendere?”, sette sigle del settore (Ape, Uppi, Confappi, Asppi, Appc, Confabitare, Federcasa) criticano aspramente la proposta.
Le associazioni sottolineano che la requisizione degli immobili è un tema “inquietante”, evocando il rischio di espropri forzati delle case vuote a Torino. Piera Bessi, presidente dell’Unione Piccoli Proprietari Immobiliari, ha richiesto un incontro con il sindaco per discutere la questione e tutelare i diritti di chi possiede immobili.
I proprietari, si sottolinea nel testo, sono visti come responsabili dell’emergenza abitativa senza considerare il fatto che le case vuote a Torino non sono a costo zero: IMU, Tari, e spese di gestione ed eventuali contenziosi condominiali continuano a generare esborsi economici. Quindi, in effetti, non c’è una reale convenienza a tenere un alloggio vuoto.
Al di là delle ragioni delle parti in causa, resta il fatto che un censimento delle case vuote a Torino è un primo passo per fare luce sull’emergenza abitativa che mette in evidenza da un lato la scarsa offerta e gli alti costi sia per chi vuole comprare casa a Torino, sia per chi sceglie l’affitto.