19 Novembre 2025
Blog.Edilnet.it »» EdilNet News - Le notizie del giorno »» Toh chi si rivede: il condono edilizio 2003 fa reboot nel 2026 (e non per tutti)
Torna il condono 2003 ma chi ci guadagnerebbe davvero?

La Legge di Bilancio riporta in vita il condono 2003 proprio mentre la Campania va al voto. Migliaia di case potrebbero essere salvate dall’abbattimento e le opposizioni parlano di “voto di scambio mascherato”: ti spieghiamo perché.

 

Cosa nasconde la riapertura del condono 2003

 

Tra i cinquemila emendamenti alla legge di Bilancio 2026, uno spicca: riapre i termini del terzo condono edilizio del 2003. I proponenti lo definiscono “sanatoria”, cioè una nuova chance per chi aveva presentato domanda allora ed è rimasto bloccato tra errori e ritardi amministrativi. In pratica, si tornerebbe a regolarizzare opere realizzate senza titolo o in difformità, purché conformi agli strumenti urbanistici vigenti al 31 marzo 2003.

 

Sul piano tecnico, l’emendamento rimette in moto l’articolo 32 del decreto-legge 269/2003: le opere abusive sono sanabili solo se rispettano le norme urbanistiche dell’epoca e se non ricadono in aree con vincoli stringenti o su immobili inedificabili. Si introduce anche una scadenza, il 31 marzo 2026, entro cui i comuni dovrebbero chiudere le pratiche ancora pendenti dei condoni 1985, 1994 e 2003. Sulla carta si promette di archiviare il passato; nei fatti, il segnale politico è il solito: chi ha costruito fuori regola può continuare a confidare in un colpo di spugna periodico.

 

Sulla giustizia riparativa l’ombra del voto di scambio

 

Il vero epicentro della riapertura è la Campania. Nel 2003 la giunta regionale guidata da Antonio Bassolino scelse di non recepire il condono nazionale, lasciando nel limbo migliaia di famiglie e immobili rimasti formalmente abusivi. L’emendamento firmato dai senatori di Fratelli d’Italia Matteo Gelmetti e Domenico Matera viene raccontato come un atto di “giustizia riparativa” verso cittadini che avevano seguito le regole della sanatoria nazionale e si sono trovati penalizzati da una scelta politica locale.

 

La narrazione, però, regge fino a un certo punto. Il testo esclude le zone rosse vulcaniche, come le aree vesuviane e dei Campi Flegrei, e limita la sanatoria nelle aree vincolate agli interventi minimi, ma è evidente che la misura parla soprattutto alla Campania, dove le pratiche pendenti sono ancora diverse migliaia. Secondo esponenti di Fratelli d’Italia, “migliaia di case saranno salvate dall’abbattimento” se la norma passerà. Il tutto mentre la regione si avvicina al voto. Difficile evitare il sospetto di un condono a orologeria, cucito su un territorio preciso e pronto a trasformare abusi storici in consenso politico fresco di urne.

 

Tutti i lati oscuri del nuovo condono

 

La tempesta politica era scontata. L’opposizione parla apertamente di operazione elettorale legata al voto in Campania: Elly Schlein accusa la maggioranza di usare il condono sotto elezioni, il senatore M5S Luigi Nave parla di scelta “empia” e Francesco Boccia evoca il voto di scambio. A incendiare il dibattito contribuiscono anche le parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha paragonato il condono edilizio alle sanatorie per i permessi di soggiorno dei migranti, suscitando indignazione nel mondo cattolico e ambientalista.

 

Nemmeno nella maggioranza il fronte è compatto. Forza Italia mantiene un profilo prudente e prova a usare il tema condono come leva negoziale, mentre la Lega si tiene defilata e concentra la comunicazione su argomenti più popolari. Così la riapertura del condono 2003 nel 2026 rischia di trasformarsi nell’ennesima scorciatoia: non una riforma dell’urbanistica, ma un segnale che indebolisce la cultura della legalità e scarica sui territori il peso di decenni di abusivismo.

 

Ai cittadini onesti resta in bocca una sensazione amara: in Italia chi rispetta le regole continua a sentirsi il più ingenuo (per non dire altro) di tutti.

 

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