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Un condominio milanese, una ditta con un giro di soldi milionario grazie al superbonus, e un maxi-sequestro. Fa scalpore il nome di Salvini fra i condomini del palazzo sotto inchiesta. Ma la vera domanda è: chi ha davvero fatto il colpo grosso?
Truffa Superbonus: tra i condomini spicca il vicepremier
Nel cuore di Milano, precisamente in viale Bligny 42, zona Bocconi, prende forma l’ennesimo episodio da manuale della saga “superbonus 110% & furbate varie”. Protagonista involontario: il ministro Matteo Salvini, che in quel condominio possiede un appartamento. Protagonista attiva: la società Macos, passata da realtà di provincia a “regina del bonus”, con un giro dichiarato che ha sfiorato i 220 milioni di euro.
Nel 2023, i condomini (tra cui anche il vicepremier, in qualità di proprietario e non di residente) affidano a due ditte interventi di riqualificazione energetica e antisismica sfruttando l’ormai celebre agevolazione statale. Tuttavia, c’è un piccolo dettaglio: secondo i periti del giudice, i lavori valevano tra i 900.000 e 1,2 milioni. Peccato che le ditte abbiano presentato fatture ben più corpose, per ottenere crediti fiscali che poi sono stati rivenduti.
Il risultato? Un sequestro di oltre 20 milioni ordinato dal tribunale, coordinato dalla procura di Milano e realizzato dalla Guardia di finanza. E Salvini? Non indagato, ma nel palazzo il suo nome non passa certo inosservato.
L’ascesa molto sospetta di Macos
Il meccanismo dell’abuso del Superbonus, in fondo, è semplice quanto ingegnoso. Le imprese avrebbero gonfiato le fatture, registrando costi esorbitanti per lavori in realtà molto più contenuti. Così facendo hanno maturato crediti d’imposta da rivendere.
Peccato che, a indagine avviata, quei crediti si siano rivelati “farlocchi”. E chi ha comprato quei 23 milioni di crediti? Gs Spa, legata a Carrefour, che ora si ritrova coinvolta nel sequestro, pur dichiarandosi estranea alla frode. Una catena di responsabilità che parte da fatture gonfiate e finisce nei portafogli fiscali di aziende insospettabili.
E la Macos? Da ditta “sconosciuta” a impero da 220 milioni di euro in un battito di ciglia. Un’ascesa lampo favorita da un sistema che nessuno ha mai realmente controllato, finché i giochi non erano già fatti.
Superbonus e il teatrino della politica
E la politica? Non si è fatta certo attendere. I parlamentari del Movimento 5 Stelle, in prima fila nella polemica, attaccano a muso duro: “I critici ipocriti del superbonus lo hanno usato eccome, e in qualche caso anche truffando. Salvini compreso”. La dichiarazione è al vetriolo e sottolinea il solito paradosso: chi condanna il bonus lo utilizza, e magari pure con i benefici “gonfiati”.
L’ironia amara è che il vicepremier – proprio lui che (seguendo la linea di Governo) ha espresso più volte dubbi su bonus e agevolazioni fiscali – si trova oggi al centro di uno dei casi più esplosivi del settore. Anche se non coinvolto nelle frodi, la sua presenza nel palazzo getta ombre (politiche) che difficilmente passeranno inosservate.
Una vicenda che apre nuovi interrogativi: quanto è esteso il fenomeno delle truffe legate al superbonus? Quante altre Macos hanno costruito imperi su carta? Insomma, mentre la giustizia indaga e la politica s’indigna, almeno a parole, c’è un’unica certezza: il Superbonus ha dato il via a una giostra miliardaria. E qualcuno il gettone l’ha già incassato.