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Il patrimonio edilizio italiano è datato e molti immobili richiedono opere di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia. Ma come si distinguono i due interventi per non incappare in sanzioni?
Cos’è il risanamento conservativo?
La recente sentenza n. 1789/2024 del Tar Campania ha portato un chiarimento su un tema molto dibattuto: il confine tra interventi di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia.
In particolare, il Tribunale Autonomo Regionale ha stabilito che il punto cruciale per distinguere tra i due tipi di intervento è il rispetto degli elementi strutturali e delle tipologiche originarie dell’edificio.
Nel caso esaminato, una signora – dopo aver acquisito il diritto di usufrutto su un fabbricato antico – presentava una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) per ottenere l’autorizzazione a eseguire i seguenti lavori di restauro e consolidamento statico:
- la ricostruzione di una porzione di volta crollata;
- il risanamento di una volta a botte;
- l’installazione di piattabande in cemento armato.
Il Comune respingeva la richiesta della signora, classificando i lavori suddetti come “ristrutturazione edilizia”, peraltro vietata dal Piano Urbanistico Territoriale (PUT) nella zona dove si trova l’immobile.
Di fronte al rifiuto, la proprietaria decideva di impugnare il provvedimento comunale, sostenendo che i lavori proposti rispettavano le caratteristiche originarie dell’edificio.
Cosa stabilisce la sentenza 1789/2024 del TAR della Campania?
La ricorrente ha basato la propria difesa su due argomentazioni principali:
- Gli interventi non avrebbero modificato la volumetria complessiva dell’edificio, né alterato la destinazione d’uso in modo rilevante.
- La natura degli interventi mirava a prevenire danni strutturali, senza l’intenzione di rendere nuovamente abitabile l’edificio.
Un ulteriore elemento di contestazione è stato l’assenza di una comunicazione chiara da parte del Comune sulle ragioni che ostacolavano l’approvazione dei lavori.
Secondo la ricorrente, questa omissione ha impedito un dialogo costruttivo con l’amministrazione comunale per adattare il progetto alle esigenze di tutela stabilite dal PUT.
Il Tar Campania, nella sentenza, ha stabilito che gli interventi descritti rientravano effettivamente nella categoria del risanamento conservativo, come descritto dall’art. 3, comma 1, lett. c) del D.P.R. 380/2001, che distingue tali interventi dalle ristrutturazioni edilizie.
Qual è la differenza tra risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia?
In particolare, il TAR ha chiarito che:
- Il risanamento conservativo si basa su interventi che mantengono la tipologia, la struttura e l’aspetto originale del manufatto. Non devono essere apportate modifiche alla fisionomia, alla struttura o all’identità dell’edificio.
- La ristrutturazione edilizia, invece, implica modifiche che possono alterare la disposizione delle strutture portanti o aggiungere volumetrie, cambiando in maniera significativa l’aspetto originario dell’edificio.
Nella tabella seguente è possibile individuare le principali differenze tra risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia:
Tipo di intervento |
Modifiche strutturali consentite |
Aumento di volume |
Modifica della destinazione d’uso |
Risanamento conservativo |
Non fattibili |
Non ammesso |
No |
Ristrutturazione edilizia |
Sì |
Possibile |
Possibile |
La sentenza n. 1789/2024 ha stabilito che, per poter considerare un intervento come risanamento conservativo, è essenziale che si rispettino gli elementi tipologici e strutturali dell’edificio, senza modificarne l’identità.
Accogliendo il ricorso della signora, il TAR ha annullato il provvedimento comunale e ha evidenziato che le amministrazioni locali devono valutare con attenzione ogni tipo di intervento edilizio proposto.