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Un habitat lunare progettato da un’architetta italiana è pronto per essere installato sul nostro satellite. Fantascienza? No! Presentato alla Biennale Architettura di Venezia 2025, il modulo innovativo promette sicurezza e persino relax tra le stelle. Ecco come sarà la casa sulla Luna!
Una casa sulla Luna: il sogno degli astronauti prende forma
Altro che tute grigie e capsule claustrofobiche: il futuro dell’abitare lunare parla italiano, e lo fa con il carisma visionario di Valentina Sumini, architetta spaziale, docente e cervellona in fuga che oggi insegna al Politecnico di Milano.
Il suo progetto si chiama Design as an Astronaut ed è la risposta alla domanda: come possiamo vivere, e non solo sopravvivere, su un corpo celeste privo di atmosfera?
Presentato alla Biennale Architettura di Venezia 2025, l’Argonaut Habitat Unit è un modulo abitativo pensato per essere montato sopra un lander lunare, un ibrido tra una navicella, un rifugio e un piccolo nido orbitale. La sua peculiarità? Offre agli astronauti benessere psicofisico grazie a un design che combina spazi personali, luce circadiana, colori caldi e persino una rete sospesa per fluttuare e guardare le stelle. Altro che spazio angusto: qui si parla di comfort interstellare.
Quali materiali servono per costruire una casa sulla Luna?
Quando si tratta di costruire sulla Luna, bisogna pensare leggero ma ultra-performante. La struttura del modulo è composta da due strati di Kevlar, un materiale che resiste a tutto, persino ai meteoriti lunari, e che non teme le escursioni termiche più pazze del sistema solare.
Ma il vero asso nella manica è il micelio: sì, proprio lui, il fungo. Questo organismo naturale è stato usato come barriera antiradiazioni, ma anche come isolante termico. È leggero, cresce da solo, si compatta e protegge: un materiale performante che sta rivoluziona la bioedilizia lunare e terrestre.
All’interno del modulo, invece, troviamo fibre di carbonio per garantire resistenza e leggerezza, e materiali fonoassorbenti per isolare dal rumore continuo degli impianti. Perché anche sulla Luna, se vuoi riposare, il silenzio non è mai scontato.
E poi c’è lei: l’intelligenza artificiale. Una compagna di viaggio discreta ma indispensabile. Gestisce la manutenzione del modulo, monitora i parametri vitali e guida anche astronauti di nazionalità diverse, rendendo il modulo interoperabile.
A cosa serve progettare nello spazio?
Per Valentina Sumini, progettare nello spazio significa imparare a ridurre gli sprechi, usare solo ciò che è essenziale, trovare soluzioni intelligenti con risorse limitate: ogni grammo, ogni materiale, ogni funzione deve essere ottimizzata. E ogni lezione appresa tra le stelle può diventare una risorsa preziosa sulla Terra.
Questo approccio porta inevitabilmente a soluzioni sostenibili che, come spiega la Sumini, possono trovare applicazione anche sul nostro Pianeta. Dai rifugi post-catastrofi a nuovi modelli di edilizia urbana, ciò che nasce per la Luna può salvare… la Terra.
E poi c’è la lezione più importante, raccolta dagli astronauti: chi torna dallo spazio impara ad amare le piccole cose. L’acqua, i fiori, il vento. Vivere lontano da tutto fa riscoprire l’essenziale. Ed è questa la vera missione: proteggere il nostro Pianeta, perché, per quanto straordinaria possa essere la Luna, non esiste un pianeta B.