27 Settembre 2025
Blog.Edilnet.it »» EdilNet News - Le notizie del giorno »» Decarbonizzazione 2050: perché il gap dell’Italia nel cemento è enorme?
La decarbonizzazione nel cemento in Italia, passa dalla trasformazione della mentalità e dei processi industriali.

L’industria del cemento italiana è lontana dagli standard europei nella lotta alla decarbonizzazione. Scopri perché il divario è così grande e cosa rischia il settore se non accelera il cambiamento entro il 2050.

 

Quanto costa la decarbonizzazione per le industrie?

 

L’industria del cemento è una delle principali responsabili delle emissioni globali di CO2. Nel caso dell’Italia, Federbeton, la federazione aderente a Confindustria, ha messo in evidenza come il settore stia cercando di ridurre l’impatto ambientale. Le sfide per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030 e il 2050 sono complesse.

 

Il costo annuale di queste operazioni è stimato tra gli 805 milioni e gli 1,1 miliardi di euro per il settore del cemento fino al 2050, con un ulteriore investimento necessario di capitale tra i 4,8 e i 5,3 miliardi di euro per implementare le tecnologie CCS (acronimo dall’inglese Carbon Capture and Storage) e le fonti di energia verde.

 

Si tratta di una somma considerevole che mette in evidenza il peso economico della transizione ecologica per il settore, che, pur intraprendendo un cammino di sostenibilità, deve fare i conti con costi elevati e tecnologie ancora in fase di sviluppo.

 

Cosa deve fare l’industria del cemento per diventare green?

 

Nonostante le difficoltà, l’industria del cemento è già in movimento per affrontare la sfida della decarbonizzazione. In particolare, si lavora per ridurre il contenuto di clinker, un componente che rappresenta circa il 60-65% delle emissioni dirette di CO2 nel processo produttivo. Il clinker è particolarmente apprezzato per la resistenza e la durabilità che conferisce a rivestimenti interni e pavimentazione da esterno per terrazze e giardini, ad esempio.

 

Non solo, si tratta di un materiale competitivo, dal momento che il costo di un pavimento in clinker è sufficientemente economico da penetrare un’ampia fascia di mercato. Ciononostante, si stanno testando additivi e materiali alternativi, come la loppa d’altoforno (un sottoprodotto della produzione dell’acciaio), per ridurre l’impatto emissivo senza compromettere le performance finali del cemento.

 

E ancora, sono cospicui gli investimenti nelle tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio e nell’implementazione di fonti di energia verde e sistemi di accumulo per l’autoproduzione di energia.

 

Cemento e decarbonizzazione: 4 leve per colmare il divario

 

Le 4 leve individuate nella fonte per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050 nel settore del cemento sono:

 

  1. Utilizzo dei combustibili alternativi: inclusi i combustibili solidi secondari (CSS) e l’idrogeno verde.
  2. Riduzione del rapporto clinker-cemento: uso di additivi e materiali sostitutivi per ridurre la quantità di clinker nel cemento, senza compromettere la performance finale.
  3. Ricorso alla cattura e allo stoccaggio del carbonio (CCS): tecnologie per catturare la CO2 e stoccarla in modo sicuro.
  4. Miglioramento operativo: ottimizzazione dei processi produttivi per ridurre le emissioni e migliorare l’efficienza energetica.

 

Il rischio di un mercato non equo

 

Il presidente di Federbeton, Stefano Gallini, ha sollevato una preoccupazione critica: la disparità di trattamento tra le imprese italiane e quelle europee. Se le aziende italiane devono investire centinaia di milioni di euro in impianti di cattura della CO2 e altre tecnologie avanzate, mentre nel bacino del Mediterraneo arrivano prodotti che non rispettano le normative europee, il rischio è che il settore diventi meno competitivo.

 

Questo paradosso potrebbe avere conseguenze dirette sulle opere finanziate dal PNRR, che potrebbero essere realizzate con materiali provenienti da produttori fuori dall’Italia e dall’Europa, minando il valore dell’investimento pubblico e riducendo la qualità delle costruzioni.

 

Il mercato potrebbe vedere una crescente difficoltà a competere con materiali più economici, ma meno sostenibili, portando a una distorsione nel settore e mettendo a rischio la sostenibilità a lungo termine.

 

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