
Un immobile definito “gioiello” viene battuto all’asta per 193 milioni, poi in pochi mesi diventa “patrimonio dismesso con criticità” e ottiene più cubature. Il caso Pirellino è una storia che solleva più di una domanda sulla gestione del patrimonio pubblico a Milano.
Pirellino: da gioiello di Milano a rudere da svendere
Il Pirellino, un immobile di pregio nel cuore di Milano, è stato venduto nel 2019 a una cifra record di 193 milioni di euro, ben al di sopra della base d’asta di 87,5 milioni. Questo palazzo, considerato uno dei beni più prestigiosi della città, aveva tutto il potenziale per diventare uno degli asset più ambiti nel panorama immobiliare milanese. Ma, a soli sette mesi dal rogito, è successo qualcosa di sorprendente: l’immobile viene riclassificato come “rudere dismesso con criticità”.
Da “gioiello” a “fallimento” in pochissimo tempo, un passaggio che solleva domande inquietanti. Come è stato possibile che un immobile descritto come “top asset” e venduto a una cifra record sia diventato un rudere in così poco tempo? La risposta si trova nell’istanza presentata da Coima, la società che ha acquistato il palazzo del cosiddetto Pirellino. L’istanza ha messo in luce una serie di criticità che, fino a quel momento, non erano mai state rilevate.
Questi rilievi, che parlano di “pericolosi distacchi” e “occupazioni abusive”, sono state determinanti per il Comune di Milano, che ha accettato la riclassificazione dell’immobile. Tuttavia, il declassamento improvviso ha sollevato molte domande. Come mai nessuno aveva rilevato questi problemi prima della vendita?
La gestione del patrimonio pubblico e l’ombra della speculazione edilizia
La sequenza di eventi che ha portato alla riclassificazione dell’immobile è sospetta. Subito dopo l’acquisto, Coima ha presentato una richiesta di aumento dei diritti edificatori, ottenendo il 10% in più di cubature per il Pirellino. Ma l’elemento che non può passare inosservato è la tempistica di questa modifica: il declassamento a “rudere” è stato seguito dalla nuova legge regionale che prevede premi edificatori per gli immobili con criticità.
A questo punto, è lecito chiedersi: è possibile che l’immobile sia stato “svalutato ad arte” per giustificare un aumento dei diritti edificatori? È una pratica non insolita nel settore, ma il caso del Pirellino ha un sapore di speculazione edilizia su un bene pubblico.
In effetti, il Pirellino è stato bonificato con fondi pubblici per la rimozione dell’amianto, una cifra che supera i 7 milioni di euro, ma ora rischia di diventare un carico per la città. La riclassificazione rapida, seguita dalla concessione di più diritti edificatori, ha scatenato l’indignazione di molti. La domanda che molti si pongono è se si tratti di una manovra per favorire pochi soggetti a discapito della collettività.
Chi ha davvero beneficiato di questo passaggio? Il paradosso, infatti, è che la città di Milano, dopo aver venduto l’immobile per 193 milioni, si trova ora a concedere un “premio” a chi l’ha acquistato, con il rischio di favorire speculazioni su terreni che dovevano essere gestiti in modo più trasparente e responsabile.


