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Caos rifiuti: il cartongesso sostenibile solo sulla carta? Leggero, economico, versatile, ma a fine vita… diventa un problema. E il conto più salato lo paga l’ambiente.
Il caso del cittadino di Barberino Tavarnelle
Nonostante sia tra i materiali più utilizzati nelle ristrutturazioni moderne, il cartongesso si sta rivelando un piccolo grande grattacapo per cittadini, imprese e amministrazioni comunali.
È bastata la segnalazione di un cittadino della provincia di Firenze, riportata dal Gazzettino del Chianti, per accendere i riflettori su un nodo burocratico spesso ignorato: il cartongesso non può essere trattato come un rifiuto ingombrante qualsiasi.
A chiarirlo è Alia, la società di gestione dei rifiuti dell’area, che ha spiegato come questo materiale debba essere conferito seguendo le regole dei rifiuti da demolizione, quindi in centri specializzati e non nei cassonetti stradali.
Una risposta che, però, solleva più dubbi che certezze. Perché la maggior parte dei cittadini non è a conoscenza di questa classificazione tecnica. E chi fa piccoli lavori in casa? È obbligato a contattare una ditta specializzata? Deve pagare uno smaltimento extra? Le regole esistono, ma mancano informazioni chiare, univoche e diffuse a livello nazionale, creando confusione e discrezionalità.
Il Far West del cartongesso abbandonato
Il paradosso è che arredare con cartongesso è una delle tendenze della nuova edilizia leggera. Viene usato per creare controsoffitti, velette decorative, pareti divisorie: elementi che danno nuova vita agli interni con interventi non invasivi ed economicamente accessibili.
Nonostante la presenza, anche in rete, di risorse informative utili che affrontano non solo i prezzi ma anche le applicazioni del cartongesso – come la guida di Edilnet su quanto costa la veletta in cartongesso – continua a mancare una reale consapevolezza su ciò che accade quando questi elementi, così diffusi nell’interior design contemporaneo, giungono a fine vita.
E laddove la normativa è opaca, il risultato è spesso sotto gli occhi di tutti. Come nel caso denunciato da Cronache Maceratesi, che documenta l’ennesimo scarico abusivo di materiali edili (cartongesso compreso) nelle campagne marchigiane. Cumuli abbandonati tra i campi, vicino ai fossi o ai bordi delle strade bianche, lasciati lì da chi preferisce risparmiare su trasporti e smaltimenti legali.
Una scena che si ripete ovunque in Italia: piccole imprese edili o privati che, in assenza di controlli capillari o per evitare costi aggiuntivi, trasformano la campagna in discarica. Il cartongesso, con il suo aspetto innocuo, spesso non attira neppure l’attenzione degli ispettori ambientali, ma il gesso trattato con additivi chimici può inquinare il suolo e le falde acquifere.
Il cartongesso può essere riciclato
Ma non tutto è perduto. A Lodi, ad esempio, si sta progettando un impianto modello firmato Haiki+, che potrebbe segnare una svolta nella gestione di questo materiale. Il nuovo impianto permetterà di trattare e riciclare il cartongesso in modo efficiente e sicuro, recuperando il gesso e separandolo dal cartone. Un modello virtuoso che punta all’economia circolare e potrebbe essere replicato su scala nazionale.
Una soluzione che, però, deve essere affiancata da un sistema normativo chiaro, coerente e divulgato capillarmente. Oggi invece si naviga a vista, con regolamenti diversi da comune a comune, moduli poco accessibili e indicazioni vaghe sui siti dei gestori ambientali.
Urge una svolta politica e culturale
Se da un lato il cartongesso è sempre più protagonista nei cantieri, dall’altro manca una “cultura del fine vita”: serve maggiore attenzione su come smaltirlo correttamente, sia da parte dei professionisti sia da parte dei clienti privati. E serve che le istituzioni semplifichino, invece di complicare, l’accesso a informazioni e servizi.
In tempi in cui l’Europa punta sulla sostenibilità non possiamo permetterci di trattare il cartongesso come se fosse un materiale “secondario”. Ogni controsoffitto, ogni parete divisoria, ogni veletta installata genera anche un potenziale rifiuto. E quel rifiuto deve avere un destino certo, pulito, tracciato.
Perché il vero problema non è il cartongesso in sé, ma l’assenza di regole chiare e controlli coerenti. Finché lasceremo ai singoli comuni l’onere di gestire questo materiale come meglio credono, continueremo ad avere campagne trasformate in discariche e cittadini confusi. La tecnologia per riciclare esiste. Ora serve la volontà politica per farla funzionare davvero.