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Solo il 47% delle scuole italiane ha il certificato di agibilità. Tra amianto, solai a rischio crollo e fondi in calo, la denuncia di Legambiente fotografa un Paese che predica il “futuro” ma dimentica i suoi studenti.
Bentornati a scuola, ma attenti al soffitto che cade!
Nuovo anno scolastico appena iniziato e si torna a parlare della sicurezza nelle scuole italiane e di un’edilizia scolastica “da bocciare”. Proprio così perché, dietro la retorica della “scuola del futuro”, il presente è fatto di edifici insicuri, di amianto da bonificare e di solai che minacciano di crollare.
È il quadro impietoso del report Ecosistema Scuola 2024 di Legambiente: numeri che non si limitano a denunciare un ritardo cronico, ma raccontano un’Italia che sembra aver dimenticato il valore della scuola pubblica. Un’Italia che non solo non investe, ma riduce i fondi, lasciando milioni di studenti e famiglie in balia di edifici obsoleti e pericolanti.
Il dato più scandaloso? Nel 2024 solo il 47% degli edifici scolastici dispone di certificato di agibilità. Significa che oltre metà delle scuole italiane non hanno il documento che attesta la sicurezza per studenti e insegnanti. Ancora peggio sul fronte sismico: meno del 15% degli edifici in zona a rischio è stato adeguato alle normative antisismiche e oltre il 54% non ha mai avuto una verifica di vulnerabilità sismica.
E i solai? Rappresentano ancora la principale causa di incidenti a scuola. Eppure, solo il 31,2% degli edifici è stato sottoposto a indagini diagnostiche negli ultimi cinque anni. Gli interventi di messa in sicurezza strutturale sono stati ancora più ridicoli: appena il 10,9%. Un vero gioco d’azzardo con la vita degli studenti.
Edilizia scolastica: i fondi evaporano e divari crescono
La scuola italiana, più che fragile, è abbandonata. Nel 2024 i fondi per la manutenzione straordinaria scendono a una media nazionale di 39.648 euro per edificio, in calo rispetto agli anni precedenti. Una cifra che, spalmata tra rifacimento tetti, riparazione infissi, impianti e sicurezza, equivale a una goccia nel mare.
La spesa effettiva è anche più bassa: 29.061 euro per edificio. Ma il vero dramma è la geografia della disuguaglianza: il Nord investe e riesce a spendere (41.699 €), mentre Sud e Isole arrancano con cifre da prefisso telefonico (rispettivamente 5.564 € e 5.234 €).
La domanda scomoda è inevitabile: a chi conviene avere strutture per l’istruzione pubblica inadeguate e povere di servizi? Perché i fondi vengono tagliati proprio dove servono di più? Ogni euro non speso in manutenzione diventa un favore indiretto a chi può permettersi scuole private o strutture alternative. È un meccanismo che, silenziosamente, smantella la funzione sociale ed egualitaria dell’istruzione.
Le scuole italiane raccontano il fallimento di un Paese?
Nel Paese che sbandiera la transizione ecologica, solo il 16% degli edifici scolastici ha ricevuto interventi di ristrutturazione energetica. Il 66,6% si trova ancora nelle ultime tre classi APE (E, F, G). L’adozione di impianti rinnovabili è al 21%, ma con Isole ferme al 10,8%.
E i servizi? Il tempo pieno riguarda appena il 38% delle classi, che crolla a un desolante 16,8% nelle Isole. Il servizio mensa è garantito al 73,7% delle scuole, ma solo al 38,8% nelle Isole. Le palestre ci sono in metà delle scuole, ma spesso restano chiuse nel pomeriggio, specie al Sud.
Legambiente lo ripete da anni: servono investimenti regolari e consistenti, non interventi spot. Ma i dati 2024 raccontano l’ennesima occasione persa. La scuola pubblica italiana è una bomba a orologeria: edifici pericolanti, servizi dimezzati e un futuro che sembra non interessare a nessuno. La vera domanda, allora, non è se ci sarà il prossimo crollo, ma dove e quando. E chi si prenderà la responsabilità politica e morale di aver lasciato che accadesse?