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Case vecchie, crepe e crolli: quasi mezzo milione di edifici a rischio e 2 milioni di abitazioni malandate. Sud in testa, ma anche Roma non sorride. Urge un progetto di rigenerazione edilizia. Ecco come sapere se la tua casa è al sicuro.
Dove sono gli edifici a rischio crollo?
Il pericolo delle case pericolanti non è un’ipotesi scolastica: in molte città italiane – soprattutto al Sud – il rischio di crolli o fughe di gas nasce da case vecchie, maltenute e spesso già classificate come degradate. Nel nostro Paese 452.410 costruzioni su 62.861.919 (pari allo 0,72%) richiedono interventi urgenti, con quasi la metà concentrata nel Mezzogiorno.
Non parliamo solo di abitazioni: all’elenco si aggiungono strutture pubbliche come scuole pericolanti e caserme finite nell’abbandono. È il lascito di edifici realizzati tra l’inizio del Novecento e gli anni del Boom economico ed edilizio, quando il cemento armato era più un’idea che una scienza esatta.
Il quadro è ancora più netto guardando al residenziale: 2.051.808 abitazioni, cioè il 16,8% del patrimonio, sono in mediocre o pessimo stato di conservazione. L’età pesa come un macigno: tra le costruzioni precedenti al 1981 la quota sale al 21,1%, mentre scende al 4,7% per quelle edificate tra 1981 e 2011. In sintesi: quasi una casa su cinque avrebbe bisogno di una ristrutturazione profonda o di consolidamento strutturale. Per dare un colpo d’occhio:
- Case pericolanti che necessitano interventi urgenti = 452.410 (0,72% del totale)
- Abitazioni in mediocre/pessimo stato = 2.051.808 (16,8%)
- Quota edifici degradati pre-1981 = 21,1%
- Quota edifici degradati 1981-2011 = 4,7%
- Ripartizione geografica = quasi metà nel Mezzogiorno
Le città del Sud con le case più pericolose
Sul Mezzogiorno i numeri parlano chiaro. A Napoli il 71% degli edifici ha oltre 40 anni e più di 4 su 10 risultano catastalmente degradati: è il doppio della media nazionale (22,6%) e superiore alla media regionale (27,8%). È l’istantanea di un patrimonio che invecchia in fretta e che, senza interventi, diventa un moltiplicatore di rischi.
Il centro storico di Palermo è un altro dossier scottante: 1.620 edifici necessitano interventi urgenti (di cui 1.466 privati, 102 comunali e 52 chiese). Il trend è in peggioramento: gli stabili pericolanti sono saliti da 304 a 332, quelli degradati da 799 a 910. Cifre che descrivono un degrado rapido e visibile.
A Bari, negli anni scorsi, è stata addirittura evacuata la sede del tribunale penale per “preoccupanti criticità strutturali” in fondamenta e solai: lo sgombero ha evitato il peggio, ma ha messo a nudo la fragilità di edifici che dovrebbero essere simbolo di sicurezza.
Anche fuori dal Sud il campanello suona: a Roma è in cattivo stato il 14,7% delle strutture. Nel ranking provinciale, le peggiori sono Vibo Valentia (31,4%), Reggio Calabria (31,3%) e Catanzaro (25,8%); tra le più virtuose figurano Prato (8,2%), Bolzano (8,5%) e Siena (8,5%).
Come rimediare al fenomeno dei crolli delle case pericolanti?
La fotografia è impietosa, ma non immutabile. Il settore delle costruzioni lancia un appello chiaro: gli edifici sono troppo vecchi, servono demolizioni e ricostruzioni, o riqualificazioni edilizie mirate. Le priorità sono tre:
- mappare gli immobili a rischio con criteri oggettivi;
- finanziare gli interventi dove pubblico e privato non possono sostenere da soli i costi;
- sbloccare le procedure per chi vuole demolire e ricostruire in modo conforme alle regole e al buon senso.
Continuare a rinviare significa accettare che altre famiglie vivano tra crepe, impianti obsoleti e fondazioni stanche. L’Italia non può permetterselo: i numeri già lo urlano, e il territorio ogni giorno lo conferma.